A cura e con introduzione di Michele Gardini
Georg Simmel (Berlino, 1858 - Strasburgo, 1918) fu uno degli esponenti più significativi della filosofia e sociologia tedesche nei decenni precedenti il primo conflitto mondiale. Di origine ebraica, fu amico di Max Weber, docente alle università di Berlino e di Strasburgo, nonché animatore di circoli culturali cui partecipavano personalità come Lukács e Bloch. Il suo pensiero si esercitò su molteplici aspetti del «mondo della cultura», mantenendo come riferimento privilegiato la diagnosi delle strutture sociologiche della contemporaneità.
La monografia che Simmel dedicò a Goethe nel 1913 non rappresenta soltanto un contributo di grande rilevanza alla storia dell’interpretazione goethiana, ma anche e soprattutto una tappa fondamentale nella co struzione di quella «filosofia della vita» che assorbì completamente i suoi ultimi anni, assumendo connotazioni sempre più conflittuali e tragiche mano a mano che la civiltà europea andava precipitando verso la catastrofe del primo conflitto mondiale. Di questa oscura metafisica vitalistica, che altrove erompe nelle forme più inquiete e inquietanti, il Goethe mostra invece il lato più armonioso e conciliativo.
Nel sommo scrittore tedesco, Simmel vede il conflitto altrimenti mortale tra vita e forme ricondotto a una perfetta fusione tra l’uomo e il suo mondo, tra recepire e plasmare, tra la potenza dirompente della passione e la compostezza classica della figura. L’immagine dell’«inspirare» e dell’«espirare», nel loro eterno equilibrio di ricezione e donazione, accompagna costantemente l’esistenza e l’opera goethiana, dalle liriche, alle tragedie, agli scritti scientifici. Il miracolo realizzato da Goethe sta nell’avere ovunque ricondotto i valori della verità e del bene a un tale grado di pienezza vitale da possedere la forza di riassumere in sé, come oscillazioni di un’unica corda vibrante, le antitesi empiriche e formali di vero e falso, bene e male. La sfera del valore non si colloca in un mondo oltre il mondo, ma si cala nella vita stessa e s’identifica con il ritmo segreto, ineffabile eppure inconfondibile, del suo pulsare.
Alle soglie di un’epoca che avrebbe fatto dell’intellettualismo, del calcolo e del dominio spietato delle potenze oggettive la propria cifra caratteristica, Goethe traluce ancora per Simmel come «ultimo classico»: fisionomia umana e artistica che, celebrando «la vita stessa» come «definitivo valore della vita», resiste al fatale divorzio tra l’anonimato dei valori tecnico-economici e il vitalismo nevrotico dell’esistenza contemporanea.
Georg Simmel (Berlino 1858, Strasburgo 1918). Franco Volpi ha scritto questo suo efficace ritratto: "A prestar fede a Ortega y Gasset, che nel 1905 a Berlino ne seguì le lezioni, Simmel era «una specie di scoiattolo filosofico». Versatile, agile, fantasioso, l'opposto dello spirito sistematico teutonico: «Non considerava il suo soggetto come un problema in sé, ma come una piattaforma sulla quale eseguire i suoi meravigliosi esercizi analitici». Anche Banfi ne rimase estasiato osservandolo dai banchi mentre «incalzava sempre più da vicino il segreto delle cose». Sfortunato nella carriera universitaria, divenne ordinario solo pochi anni prima della morte, e a Strasburgo, ai confini del Reich, mentre da amante della vita metropolitana sarebbe rimasto volentieri nella capitale. Simmel ebbe in compenso un vasto successo. La sua casa era un cenacolo, frequentato da Buber, Bloch, Lukacs, Kantorowicz e altri. Le sue lezioni, alle quali contro l' uso accademico del tempo ammetteva anche donne, erano affollatissime, i suoi articoli domenicali molto seguiti, i suoi libri longseller… A suo agio nel caotico fluire della vita moderna, Simmel non si accontentò del positivismo ottimistico allora imperante ma, forte di Nietzsche, Bergson e George, delineò una disincantata comprensione delle sue contraddizioni e delle sue patologie, interpretando con lungimiranza fenomeni come il sistema del denaro, l'individualismo di massa, le avanguardie estetiche, la moda. Grazie a Banfi, Rensi e in tempi più recenti Cacciari, il suo pensiero ha goduto in Italia di una buona fortuna".