Con illustrazioni a colori e b/n
Cosa intendiamo esattamente con il termine populismo? E quali sono le sue relazioni con l’architettura? Il volume, frutto degli anni di ricerca svolti dall'autore presso la Scuola di Dottorato Iuav di Venezia e finanziato dalla stessa, tenta di dare una risposta a questi interrogativi attraverso l'analisi di alcuni casi di studio. Bussy Saint-Georges in Francia per la polemica contro le tecnocrazie di stato, Poundbury in Inghilterra per l’importanza dell’identitarismo, Celebration negli Stati Uniti per il ruolo del mercato: ciascuno di questi progetti illumina uno fra i tanti aspetti salienti di politiche solitamente definite populiste, in cui decisiva è la strumentalizzazione delle forme urbane. Decostruire le retoriche di una diffusa e demagogica polemica contro il “modernismo” inteso come incarnazione di un progetto sociale è dunque il primo passo necessario. Analizzando temi e figure caratterizzanti la battaglia di Carlo d’Inghilterra per un’architettura “a misura d’uomo”, l’Inghilterra degli anni Ottanta ci mostra come la ricollocazione a livello mediatico del dibattito specialistico sulle fonti di legittimazione dell’architettura si basi sulla rivalutazione della storia come garanzia di moralità. Non ci troviamo tuttavia in presenza di un banale e nostalgico ritorno al passato: Charles Jencks, cantore del postmodernismo, conierà a tal proposito la categoria di “eclettismo radicale” per interpretare l’eterogeneità estetica seguita al crollo delle “grandi narrazioni”. Assumendo gli anni Sessanta come cesura fondamentale, il dibattito sorto attorno alle tesi di Imparare da Las Vegas di Venturi, Scott Brown e Izenour si rivela un tornante decisivo. Il “dispositivo populista” – così configurato sulla scorta del pensiero, fra gli altri, di Michel Foucault e Fredric Jameson – dimostra come la polverizzazione delle estetiche sia il segnale di una razionale logica politica di gestione: stabilendo una soglia di sicurezza calcolata sul valore medio, esso mira a ridurre il potenziale destabilizzante del “caos formale” tipico della democratizzazione del gusto.
Federico Ferrari ha conseguito il dottorato di ricerca in Urbanistica presso la Scuola di Dottorato Iuav di Venezia e insegna Storia della Città presso il Politecnico di Milano. Ha contribuito a diverse pubblicazioni sulla storia urbana e dell'architettura contemporanee fra cui The antimodernist polemic as rhetorical construct: Prince Charles and “populist realism”, in Cities in Transformation (EEARC, Milano 2012). È autore di Enrico Agostino Griffini. La casa modernissima tra sperimentazione e divulgazione (con C. Camponagara, E. Demartini, S. Poli, Ornitorinco, Milano 2011). Suoi contributi sono apparsi su «Domus», «Il Giornale dell’Architettura» e «Urbanisme».