Questo libro è un percorso attraverso le innumerevoli storie che la Madonna Sistina, la maestosa opera creata da Raffaello tra il 1512 e il 1513 (esattamente cinque secoli fa) ha attraversato e ha ispirato. Una narrazione, articolata e avvincente, delle sue peregrinazioni: dal monastero benedettino di San Sisto a Piacenza, per il quale fu commissionata da papa Giulio II, alla collezione di opere d’arte di Augusto III di Sassonia a Dresda, fino all’approdo a Mosca – portata in trionfo dalla vittoriosa Armata Rossa –, dove fu idolatrata dai russi come raramente era capitato a una icona non ortodossa, e quindi il ritorno a Dresda, la sua «patria tedesca», al culmine di una nebulosa trattativa non priva di intrighi.
Il libro è anche l’esposizione dell’impatto che lo spazio post-rinascimentale e pre-cubista di questo quadro ebbe sull’arte contemporanea, da Cézanne a Picasso, da Malevič a Schwitters, fino a Warhol, divenendo in breve l’immagine più famosa e riprodotta del mondo.
Ma è inoltre un’esperienza più intima, un racconto di sguardi, un catalogo delle molteplici, e sempre profonde, impressioni che la Madonna Sistina produsse in uomini tanto diversi fra loro – Dostoevskij e Freud, Goethe e Schopenhauer, Florenskij e Benjamin, Hegel e Nietzsche –, fino alla sorprendente esclamazione di un sergente sovietico, il quale così descrive la sua meraviglia di fronte al quadro ritrovato in un tunnel ferroviario dove era stato nascosto dai tedeschi per proteggerlo dai bombardamenti: «Non è la Madre di Dio, ma solo una poveretta come mia moglie, scalza e con un bambino in braccio». Ed è forse in questa inestricabile commistione di devozione cattolica alla madre di Dio, di emblema degli ideali di umanità nel cuore dell’Europa riformata e di modello di franca sensualità terrena, che sta il segreto della Madonna, che Grossman poté immaginare nel cuore di Treblinka come testimone dell’indomabilità della vita offesa.
«Al primo sguardo, una cosa risulta immediatamente e assolutamente chiara – è immortale. Mi accorsi che fino a quel momento avevo usato con leggerezza una parola terribile per la sua potenza: immortalità. Avevo confuso per immortalità la straordinaria forza vitale di alcune grandi opere del genio umano. E pur rimanendo intatta la mia ammirazione per Rembrandt, Beethoven, Tolstoj, compresi che di tutto ciò che era stato creato da un pennello, da uno scalpello, da una penna – soltanto questo quadro di Raffaello non morirà finché sarà vivo l’uomo. Ma forse, se anche l’uomo morirà, altri esseri che resteranno sulla terra al suo posto – lupi, ratti, orsi, rondini – verranno, camminando o volando, ad ammirare la Madonna… Hanno contemplato questo quadro dodici generazioni di uomini – la quinta parte del genere umano che ha vissuto sulla terra dall’inizio della nostra era a oggi». – Vasilij Grossman, La Madonna a Treblinka (1955)
Eugenio Gazzola (1958) è autore di un Breviario d’arte contemporanea (2000) e di studi sull’avanguardia artistica e letteraria degli anni Sessanta e Settanta (con i saggi Parole sui muri. L’estate delle avanguardie a Fiumalbo, 2003; e «Al miglior mugnaio». Adriano Spatola e i poeti del Mulino di Bazzano, 2008; inoltre la raccolta delle opere di Corrado Costa, The complete films. Poesia prosa performance, 2008 e la ristampa Malebolge. L’altra rivista delle avanguardie, 2011). Sull’argomento del presente saggio ha curato insieme con Fabio Milana, il volume collettaneo Gloria dell’Assente. La Madonna per San Sisto di Raffaello 1754-2004 (2004).