La Luna torna al centro dei programmi di esplorazione dello spazio e i suoi futuri visitatori troveranno ad attenderli un’attrattiva senza paragoni: i primi parchi archeologici della presenza umana fuori dalla Terra.
Già in previsione delle missioni robotiche che si annunciano sulla Luna entro il 2015, la Nasa ha proposto di limitare l’avvicinamento ai siti storici degli allunaggi per proteggere le zone calpestate dagli astronauti più di quarant’anni fa e tutelarle da possibili contaminazioni.
Quale valore possiamo però attribuire alle tracce lasciate dagli uomini sulla Luna? E perché considerare come un tesoro culturale anche i rottami, gli scarti, la zavorra in cui consiste la maggior parte degli oggetti che vi si trovano?
Imparare dalla Luna significa esaminare i paradossi della sua imminente trasformazione in museo per ricavare indicazioni su fenomeni che oggi, sulla Terra, rappresentano l’altra faccia del dominio della tecnica: la logica del turismo, il nostro rapporto feticistico con le cose del passato, la confusione fra testimonianza storica e spettacolo. Significa, in altre parole, provare a risvegliarsi dal xx secolo e dai modelli di sviluppo che l’hanno caratterizzato sfruttando la scia dell’impresa più straordinaria, popolare ed enigmatica che gli uomini abbiano compiuto in quell’epoca.
Stefano Catucci insegna Estetica alla Sapienza Università di Roma. È autore di una uscita per la prima volta nel 2000 (Laterza, Roma-Bari), da allora più volte ristampata e aggiornata. Per Quodlibet ha pubblicato nel 2013 Imparare dalla Luna e nel 2019 Potere e visibilità. Studi su Michel Foucault.
Stefano Catucci insegna Estetica alla Sapienza Università di Roma. È autore fra l’altro di una Introduzione a Foucault uscita per la prima volta nel 2000 e apparsa in versione aggiornata nel 2019 (Laterza, Roma-Bari), nonché del volume sempre dedicato a Foucault Potere e visibilità (Quodlibet, Macerata 2019). Sempre per Quodlibet ha pubblicato Imparare dalla Luna (2013 e 2019). In precedenza (1999) ha partecipato alla redazione del Dizionario di Estetica curato da Gianni Carchia e Paolo D’Angelo (Laterza, Roma-Bari). Nel 2003 ha pubblicato lo studio Per una filosofia povera (Bollati Boringhieri, Torino), un’analisi del pensiero filosofico ed estetico europeo negli anni della Prima guerra mondiale che ha come filo conduttore il caso esemplare del primo Lukács. È stato collaboratore del quotidiano «il manifesto» e tra i fondatori della rivista «Forme di vita». Attivo anche nella pubblicistica musicale, collabora con i programmi di Rai-Radio3.