A cura di Massimo Zammerini
Immagine superstite dell’antico e fantasma moderno, il mito del bianco in architettura è uno di quei temi che si propone quasi naturalmente da quando, dopo il cromatismo naturale nel mondo antico e medioevale, il candore bianco attraverso l’estetica di Winkelmann è diventato esaltazione della forma, declinazione del bello, mito che il soggetto moderno può fare proprio. Se il mito è un linguaggio, l’architettura come l’arte si nutre di esso. In architettura, il mito del bianco ha una dimensione storica che nei secoli assume significati diversi. Dall’equivoco estetico successivo alle scoperte archeologiche del Settecento al neoclassicismo, dall’architettura spontanea del Mediterraneo al razionalismo europeo, fino ad approdare al minimalismo e all’architettura contemporanea, la reinterpretazione del mito del bianco ha dato luogo a significative testimonianze nel campo dell’architettura e dell’urbanistica e a episodi di straordinario valore. Il libro, impostato su un’idea d’interdisciplinarietà, vuole approfondire la conoscenza delle origini di una fascinazione che ha riguardato nel tempo l’uso di questo colore. In questo senso il volume si avvale del contributo di studiosi nel campo della storia dell’architettura, dell’archeologia, dell’arte, della letteratura, della psicoanalisi e della composizione architettonica.
Testi di Carlo Albarello, Clementina Barucci, Rossella Caruso, Concita De Gregorio, Grazia Maria Fachechi, Renata Cristina Mazzantini, Maria Elisa Micheli, Roberto Secchi, Massimo Zammerini.
Massimo Zammerini, architetto, è ricercatore in Composizione Architettonica presso la Facoltà di Architettura della Sapienza, Università di Roma. La sua attività di studioso e progettista si declina fondamentalmente in tre ambiti: l’eredità del modernismo, le tecniche compositive della progettazione e la scenografia teatrale.
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