La domanda sull’uomo è stata esposta, nella modernità, a riduzioni e astrazioni, agli effetti dell’antropologia, della biologia, della psichiatria. Dopo Kant la «duplicazione empirico-critica» smarrisce la irriducibilità dei poli della congiunzione. È necessario uno “sradicamento” dall’uso attuale delle scienze e dei saperi dell’informazione e della comunicazione, uso che tenta di livellare ogni dimensione reale e ogni pratica disgiuntiva del pensare. Interrogarsi sul dato, su ciò che è, su ciò che è percepito e conosciuto, significa produrre, nel pensiero, il limite e l’alterità. Pensare è aprire il movimento e l’attesa. Oltre il cognitivo, oltre il flusso impositivo dell’accadere, il pensiero, incisione nel presente, è la scelta attiva dell’etica.
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Mariapaola Fimiani è professore emerito di Filosofia Morale nell’Università di Salerno e docente al Dottorato in Filosofia della Scuola Normale Superiore. Ha pubblicato numerosi saggi in Italia e all’estero. Tra i suoi volumi più recenti: L’arcaico e l’attuale (Torino, 2000), Lèvi-Bruhl. La différence et l’archäique (Paris, 2000), Antropologia filosofica (Roma, 2005), Erotica e retorica (Verona, 2007; Buenos Aires, 2008; Paris, 2009), Synousia. Filosofia in comune (Napoli, 2011), Foucault e Kant. Critica clinica etica (II ed. riveduta, Napoli, 2013).