«Ogni città vorrebbe, sempre, essere ordinata, e sempre sembra in disordine.
L'ordine della città è complicato, allusivo, irregolare. Ogni città crea il proprio ordine, o siete voi a crearlo con le vostre idee.
Le città possono essere poetiche. Come può esserlo la gente che incontrate e lo spazio urbano che guardate. Ciascuno di noi cammina nella propria città immaginaria, incontrando gente immaginaria».
Come Marcel Schwob ha potuto raccontare le Vite immaginarie di Empedocle, Lucrezio o Paolo Uccello, vite sconosciute ai biografi ufficiali, così le città immaginarie di Yona Friedman rivelano la parte segreta, discreta, di città ugualmente reali: Venezia, «la città più città che vi sia», Berlino la Rossa, troncata e poi riunificata, Shangai e il suo Fiume Giallo (Huangpu), che alla foce si mescola al Blu (Yangzi Jiang), o anche Parigi, di cui si poté scrivere fosse «così bella che molti preferirono vivervi da poveri piuttosto che vivere da ricchi in qualsiasi altro luogo». Queste città sono però diverse da quel che vi si può riconoscere attraversandole oggi, perché le passeggiate che Friedman propone in questo libro d’immagini cominciano prima che l’innata stoltezza fondiaria mettesse gli occhi su questo groviglio di strade, viali, vicoli ciechi, piazze, fino a renderlo incomprensibile persino al più attento dei viandanti.
Parigi, allora, ma anche Berlino, Shangai, New York, Amsterdam, Venezia… sembrano luna park, attraversate da passerelle vertiginose, scavalcate da mille scivoli sonori. Sono suddivise in singole unità, secondo la dimensione di quel «gruppo critico» che Friedman ha teorizzato altrove, abbandonate agli abitanti che le vestono con i loro stracci multicolori. La città finalmente sognata, reinventata, è lì, sotto i nostri occhi.
Yona Friedman (1923-2020), architetto, si è formato assistendo, tra le altre, ad alcune importanti conferenze di Werner Heisenberg e Károly Kerényi. Dopo la seconda guerra mondiale, che lo vede attivo nella resistenza antinazista, si trasferisce e lavora per circa un decennio a Haifa, in Israele. Dal 1957 vive a Parigi. Ha insegnato in numerose università americane, e ha collaborato con l’Onu e l’Unesco. La sua intensa attività saggistica spazia dall’architettura alla fisica, dalla sociologia alla matematica. Negli ultimi anni Friedman è stato invitato alla undicesima edizione dei Documenta di Kassel e a diverse Biennali di Arti visive di Venezia. Alla sua opera è dedicato il volume: Yona Friedman, Manuel Orazi, The Dilution of Architecture, edited by Nader Seraj, Park Books, Zürich 2015.