“Nella sua variante più estrema, tuttavia, l’idea di una risoluzione integrale del valore di verità della filosofia nella sua pura apparenza formale si trova espressa in una pagina bergsoniana, poco nota e poco frequentata, di La pensée et le mouvant che evidenzia – contro le pretese idealistiche di ogni logica del giudizio – le condizioni pure della significazione, la letteralità presemantica e precategoriale, che costituisce inestricabilmente così l’origine come il telos del senso. Richiamandosi a un suo precedente corso su Descartes tenuto al Collége de France, Bergson scrive: “[Durante una lezione], abbiamo preso ad esempio una pagina o due del Discours de la Méthode e abbiamo cercato di mostrare come gli andirivieni del pensiero, ciascuno di direzione determinata, passino dallo spirito di Descartes al nostro grazie all’unico effetto del ritmo, quale è indicato dalla punteggiatura e quale soprattutto lo rileva una corretta lettura ad alta voce”. Siamo qui in prossimità, forse, del significato ultimo che dobbiamo attribuire al chiasma da cui siamo partiti, a quell’intreccio di filosofia e poesia che, scavalcando lo spazio rassicurante della mediazione estetica, dell’“arte estetica”, ci rivela la profondità di una dimensione ontologica del tutto nuova. È una dimensione nella quale non c’è più un alto e un basso, un dentro e un fuori, un’essenza e un’appartenenza, uno sfondo e una figura. Nella profondità del chiasma l’essenza si rivela nell’apparenza, ma questa, a sua volta, trae la propria luce e il proprio senso dall’essenza. È la figura, è la bellezza a rinviarci a quello sfondo, senza il quale essa non potrebbe rivelarsi. La figura dischiude lo sfondo che la illumina. Enigmatico e inestricabile gioco di pieghe e di avvolgimenti, nel quale il chiasma stesso si risolve. In maniera concisa e sublime, già lo aveva detto Tommaso nel suo Commento alla Metafisica di Aristotele: “La ragione per la quale il filosofo viene paragonato al poeta è che entrambi hanno a che fare con lo stupore”». – G. C.
Gianni Carchia (Torino 1947 - Vetralla 2000) è stato uno dei più importanti e originali filosofi italiani del secolo scorso. Le sue ricerche hanno spaziato dall’estetica alla filosofia antica, dall’antropologia alla filosofia politica. Tra le sue opere ricordiamo: Estetica ed erotica (Milano 1981), Dall’apparenza al mistero (Milano 1983), ripubblicati in un unico volume dal titolo Immagine e verità (Roma 2003); La legittimazione dell’arte (Napoli 1982), Il mito in pittura (Milano 1987), Retorica del sublime (Roma-Bari 1990), Arte e bellezza (Bologna 1995), L’estetica antica (Roma-Bari 1999), Dizionario di estetica (in collaborazione con Paolo D’Angelo, Roma-Bari 1999).
Di Gianni Carchia Quodlibet ha pubblicato La favola dell’essere. Commento al Sofista (1997), L’amore del pensiero (2000) e Nome e immagine (2010). Con Orfismo e tragedia Quodlibet dà inizio alla pubblicazione sistematica delle opere di Gianni Carchia.