Piergiorgio Bellocchio, Dalla parte del torto

Dalla parte del torto
di Piergiorgio Bellocchio

Chi è quell’imbecille?
Sono io.

Limitare il disonore. Un obbiettivo che vent’anni fa avrei trovato ripugnante e assurdo, in quanto onore e disonore non sono graduabili. E in effetti si tratta di un proposito ben misero, una guitteria morale, una trovata da servo di commedia. Ma quand’ero giovane non potevo ipotizzare un fallimento di queste proporzioni. Se allora immaginavo il peggio, era la sconfitta politica per opera della controrivoluzione, e si manifestava nella repressione che, per quanto spietata (o proprio per questo), garantiva ai vinti l’onore dell’esilio, della prigione e, al meglio, la gloria del patibolo. Il destino è stato derisorio. Nessuno vuole ucciderti. La razione quotidiana di offese che patisci proviene da istituzioni e persone animate dalle migliori intenzioni, e il trattamento a te riservato è più o meno lo stesso che tocca alla stragrande maggioranza della razza occidentale, che pare trovarsene bene. Per cui corri sempre il rischio di apparire (anche a te stesso) paranoico, snob o semplicemente ridicolo.
Così per un po’ subisci facendo finta di nulla, eviti le occasioni, giri al largo e ogni tanto reagisci. In altre parole, dopo aver incassato trenta o quaranta colpi, ti rintani in qualche angolo o buco dandoti per morto, in modo da evitarne altrettanti. Poi rimetti fuori la testa. Giusto il tempo di buscarne sette o otto. Allora ti scuoti: pari un colpo o due e replichi a tua volta con due o tre colpi, che nel migliore dei casi suscitano qualche curiosità (mai simpatia o solidarietà), nel peggiore deplorazione, ma per lo più non vengono neppure avvertiti. Serve comunque a restituirti per un momento un po’ di rispetto per te stesso, sì che neppure senti i colpi che continuano a pioverti addosso. Guadagni, come dire, un po’ di tempo. E si ricomincia. Questo intendo per: limitare il disonore.