Recensioni / Florenskij, una meraviglia pitagorica

L'opera di Pavel A. Florenskij (18821937) è un continente che da un po' di anni si sta riesplorando in Russia e all'estero con edizioni di testi alle quali anche in Italia si sta dando un contributo benché non coordinato e frammentato nelle iniziative delle diverse case editrici coinvolte nelle traduzioni. Matematico, scienziato, ma anche filosofo e teologo, Florenskij è stato attratto dalla discontinuità sin dalla sua tesi universitaria discussa nel 1904 Sulle caratteristiche delle curve piane come luoghi di violazione del principio di continuità. Tale interesse è stato lo stimolo a ricercare una nuova concezione di unità più organica che superasse quella meccanicistica del tardo positivismo e che dunque prendesse in considerazione anche temi di carattere filosofico, antropologico, linguistico nonché teologico. Florenskij è stato anche sacerdote ortodosso e proprio questa sua vocazione, sempre manifestata non solo nelle sue idee ma anche nella vita sociale indossando l'abito sacerdotale benché gli fosse stato imposto di non portarlo, lo ha condono prima nel gulag e poi alla pena capitale - vittima anch'egli dello stalinismo. Di particolare rilievo è la pubblicazione dello scritto Stupore e dialettica (a cura di Natalino Valentini, trad. it. di Claudia Zonghetti, Quodlibet, pp. 110, € 12,00), parte di un più esteso progetto dal titolo Agli spartiacque del pensiero. Lineamenti di metafisica concreta. Anche in questo testo si vede la predilezione di Florenskij per gli schemi primordiali da ritrovare nella geometria, nei numeri e da formalizzare nei simboli: sintesi alle quali ricondurre la varietà della natura e il linguaggio della realtà. A tal riguardo non si insisterà mai abbastanza sull'influenza della teoria delle forme primordiali (Urphaenamenon) di Goethe su Florenskij. Ed è attraverso Goethe che Florenskij concepisce, in modo poco hegeliano, anche la dialettica che arriva ad assumere la funzione di una grammatica della simbolizzazione il cui motore è l'antitesi. Ed è bel momento in cui le antitesi arrivano alla concordia appositorum che si genera il simbolo. Capire come si produce questo processo e come i simboli si organizzano in linguaggio è per Florenskij compito fondamentale della filosofia. Per accedere a questo procedimento si deve partire da un'angolatura specifica e persino tecnica. Sta qui il senso del muovere i primi passi dal concreto e il rifiuto dell'astrazione. Il simbolo è punto d'arrivo nel quale particolare e universale si toccano - teologicamente esso può essere considerato come l'incarnazione. La ricerca di Florenskij non è orientata a raggiungere una dimensione statica della conoscenza e dell'essere, ma una stabilizzazione dinamica. Per tal motivo anche in questo scritto egli è molto interessato al ritmo che tiene insieme appunto stabilità e dinamica. In tal senso si può considerare Florenski come un Pitagora moderno. Stupore e dialettica è anche un'archeologia della passione fondamentale della filosofia e cioè della meraviglia attraverso la quale la conoscenza stessa procede e mostra, come in Pitagora, un forte legame con la mistica.