Recensioni / Ebrei e massoneria nel saggio di Reinhold

Mosè, il legislatore e del popolo ebraico, in realtà attinse ai riti della religione egizia, di Iside e Osiride, per far uscire il suo popolo dalla terra dei faraoni. E così lo mise a parte di una sapienza decisiva, fondamentale, indipendentemente da come venne accolta, poiché gli ebrei non se ne accorsero, rifacendosi invece a una presunta verità di natura religiosa. La tesi è contenuta in un saggio di Carl Leonhard Reinhold, intitolato “I misteri ebraici, ovvero la più antica massoneria religiosa”: scritto tra il 1786 e il 1787, appare ora in versione italiana, grazie all’editore maceratese Quodlibet (pp. 260, € 18, a cura e con un saggio di Gianluca Paolucci, introduzione di Jan Assmann). Educato dai gesuiti, poi docente di filosofia dai barnabiti, nel 1783 Reinhold divenne membro della loggia massonica viennese “Zur wahren Eintracht”, cioè “Alla vera armonia”, che vide presente spesso anche Mozart, nonostante appartenesse a un’altra loggia, la “Concordia”. Il saggio, frutto della collazione di alcune conferenze dell’autore, è destinato alla lettura dei fratelli massoni, con l’intenzione di “illuminarli” relativamente alle radici egizie della religione ebraica. Reinhold vuole dunque spiegarne segni, simboli e cerimoniali, ridiscutendone le origini e togliendo da essa il velo della verità rivelata. «Credo – scrive – di non offendere minimamente l’alta considerazione che ho della verità, come pure del sacerdozio mosaico, se mi spingo a considerare tale culto, nelle sue componenti fondamentali, una copia fedele della religione esoterica degli Egizi e ad affermare che il legislatore degli Ebrei abbia apparentemente mirato, per quanto gli riuscì, a iniziare il suo intero popolo ai misteri egizi». Così «l’infelice disputa circa l’origine delle verità religiose si rivelerebbe superflua» e ci renderemmo conto che «l’opposizione tra ragione e rivelazione si basava su un semplice equivoco».