Recensioni / Reinhold: un finto gesuita tra massoni e illuministi

Ecco tradotti I misteri ebraici di Karl L Reinhold, curato da G. Paolucci. Il pamphlet, concluso nel 1786, è difficile da comprendere se astratto dalle lotte che opponevano le tendenze massoniche nel tardo Settecento. L'autore è un filosofo oggi in via di rivalutazione che, secondo l'inesatta recensione di Adriano Prosperi su Repubblica, «iniziò la sua carriera come gesuita» prima di farsi protestante e poi libero-muratore. Giacché, aggiunge lo storico insinuando una sorta di continuità nella carriera del Reinhold, fra «Compagnia e massoneria vi fu a quel tempo un'intensa simpatia» dovuta «alla comune fiducia nel potenziale rivoluzionario dell'intelligenza». Affermazioni fuorvianti. Al Reinhold, Prosperi e i curatori ascrivono il merito d'aver definito, in questo libretto - maneggiato come un piccolo classico dell'Illuminismo - i benefici che deriverebbero dal monoteismo relativista. Rispetto a testi massonici coevi che traducevano idee perennialiste nel deismo o nel panteismo tirando in ballo atlantidi, egizi, caldei, ebrei o esseni, il libro di Reinhold è meglio argomentato e si concentra, moderando le astruse filologie, sul punctum: l'inutilità degli esclusivismi religiosi e il vantaggio di una verità policentrica o «relativista», come scrive Prosperi (con termine anacronistico). Il «relativismo» di Reinhold coincide, tuttavia, con il metodo massonico e ricorda il panteismo spinoziano. Secondo l'autore l'ebraismo fu inventato da Mosé, che adattò i misteri egizi da cui deriverebbero tanto il giudaismo - o «massoneria religiosa» - quanto la massoneria propriamente detta, riservata alle élites. Reinhold credeva nell'equivalenza fra religioni e tradizioni sapienziali e nella verità naturale velata dietro ai misteri egizi. Assmann nell'introduzione scrive: il «Dio dell'Antico Testamento sarebbe una finzione! L'adattamento di un concetto sublime, filosofico, astratto della divinità alla capacità di comprensione degli uomini comuni». Così pensava Reinhold rifacendosi aWeishaupt, a Spinoza e forse a Bruno. Però Reinhold non fu gesuita; studiò in un coliegium gesuitico ma senza entrare nella Compagnia (come si evince nella biografia scientifica Karl L. Reinhold and the Enlightment di G. Di Giovanni edita da Springer). «Prese i voti» da barnabita nel 1780 per insegnare, poi s'iniziò alla massoneria rifiutando così la comunione con la Chiesa (che condannava «la setta» sin dal 1738). Frequentò una loggia infiltrata da esponenti degli illuminati come lui, ma non certo vicina alle loro idee come sostiene Assmann, il quale peraltro aggiunge che i miti templari decaddero nel milieu massonico dopo il 1782 a favore di quelli egizi: vero per parte della massoneria europea ma non per l'anglosassone, che sui quei miti continuò a fondarsi. Questioni intricate, che si vorrebbero spendere nell'odierna battaglia a favore del «relativismo». Alcuni gesuiti giocarono pericolosamente per controllare le pulsioni anticristiane delle logge tedesche e per orientare a favore degli Stuart cattolici le logge degli inglesi espatriati in Italia e Francia, li gioco riuscì talmente bene che persino nelle dotte introduzioni (e recensioni) di oggi il labirinto di specchi inganna.