Recensioni / Il debito del vivente

Venuti al mondo con un debito pregresso – contratto ricevendo il dono della vita, partecipando a un’energia dispensata gratuitamente come il calore del sole, portando come uno stigma il segno di un difetto, una mancanza, una colpa commessa senza possibilità di scelta né di emendamento – gli esseri umani sarebbero essenzialmente, ontologicamente, fatalmente spinti a colmarlo. Perciò i viventi “in debito” riuscirebbero irresistibilmente inclini a dedicarsi al perseguimento di un profitto, un godimento, un consumo di per sé mai bastevoli a soddisfare la loro inesausta azione e produzione: insufficienti a fornire il senso e il fine di una prassi tesa verso una finalità senza scopo, o a rendere ragione del meccanismo di un’impresa economica che il sempre crescente accumulo di denari, l’acquisizione di utili sempre maggiori non varranno ad arrestare. Studiosa degli intrecci oscuri e paradossali che legano la politica (l’economia) e la religione, autrice di saggi splendenti su “Sovranità e tempo messianico”, sul “Divergente accordo” che intercorre tra l’ebreo Jacob Taubes e il cattolico Carl Schmitt, su “L’ateismo” di Alexandre Kojève, Elettra Stimilli prende qui le mosse dalla classica tesi di Max Weber sull’ascetismo intramondano sotteso allo “Spirito del capitalismo”. E, sviluppando un implicito del testo weberiano apparentemente inattuale, svolgendo un’analisi minuziosa delle caratteristiche dell’esperienza ascetica cristiana, decostruendo filosoficamente “la costrzione teologica del governo del mondo”, rileva il nocciolo duro, irriducibile, impensato se non come finalità senza scopo che, nascosto nel fondo del sistema economico tuttora imperante, ne spiega le derive autodistruttive, la tendenza a un collasso senza ritorno, il rischio di una catastrofe imminente che l’odierna crisi mondiale mostra essere più che una semplice ipotesi teorica.

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