Recensioni / Deleuze per Bacon: un'esplorazione su pittura e scrittura filosofica

Francis Bacon è stato l'ultimo esponente di una categoria specia­le. di pittori che trova il proprio capostipite in Cézanne, quella che, rifiutate tutte le sue attribuzioni finalistiche o ontologiche, ingaggia col mezzo espressivo un corpo a corpo interminabile alla ricerca della «verità in pittura» ‑ come lo stesso Cézanne aveva scritto nel 1905 in una lettera a Emile Bernard. Nell'intervallo fra Cézanne e Bacon si potrebbe profilare una storia della ricerca dell'assoluto in pittura (non dell'assoluto pittorico), come continua fuga dalle cate­gorizzazioni identitarie dell'immagine, proliferare di figure e di for­me inesauribili che corrodono e consumano gli statuti estetici (consu­mando anche l'assunto di partenza cezanniano che radicava l'atto Pittorico in una originarietà fenomenologica della visione). La por­tata "catastrofica" di questa svolta è stata tale che, dopo Bacon, molti artisti hanno preferito assumere la pittura come una nuova forma di ready‑made, inserimento nell'opera di un concetto ­oggetto di "stile" già definito e in un certo senso consumato nella sua identità, il cui valore espressivo non sprigiona dalla sua intensità (si pensi al pop art, o al neoespressionismo citazionista degli anni Ottanta).

In sintonia con questo clima intellettuale, quindi, la pittura è stata indagata come modello esperienziale da un certo settore della filosofia, specialmente francese, più impegnato nel superamento della metafisica occidentale in nome di radicali alterazioni e scissioni interne alla funzione del soggetto. Lontane da ogni tentazione dell'e­stetica ‑ intesa come ambito disciplinare ‑ queste indagini hanno sperimentato nella pittura e nelle arti visive quel che il discorso filosofico, perduta la totalità unitaria che informava il pensiero "metafisico", non può più dire. Il lavoro dell'immagine diventa quindi componente essenziale di un discorso filosofico che utilizza il valore produttivo della frammentazione, dell'incompletezza e della moltiplicazione a‑sistematica. La filosofia contemporanea è costella­ta di questi rapporti produttivi, come quello di Merleau‑Ponty con Cézanne, di Bataille con Manet, di Deleuze con Bacon (più suggesti­vo di tutti, il caso di Michel Foucault, che non riuscI mai a realizzare il desiderio di scrivere un libro su Warhol e distrusse prima di morire un testo inedito su Monet). Del resto, l'altra faccia della medaglia mostra un caso come quello di Joseph Kosuth, l'artista che già negli anni settanta proponeva un'esperienza concettuale dell'arte da collo­care "dopo la filosofia", esercizio teorico oltre i confini del dicibile. Alcune benemerite traduzioni offrono ora l'occasione per ripensare in concreto questi problemi. La casa editrice fiorentina Alinea ha riproposto il Manet di Georges Bataille, assente dai cataloghi italiani dal 1965. Ed è stato finalmente tradotto in italiano il libro di Gilles Deleuze, Francis Bacon. Logica della sensazione (Macerata, Quod­libet, 1995, pp. 241, 86 ill. in b/n e a colori nel testo, L. 46.000), colmando una lacuna in un certo senso inspiegabile, se si pensa che in Francia il libro usci nel 1981, quando anche da noi il pensatore francese, recentemente scomparso, era già una figura "alla moda".

Questo volume è un'esplorazione paradigmatica delle relazioni tra pittura e scrittura filosofica (anche per il carattere "estremo" dell'opera di Bacon). Dal punto di vista di Deleuze, l'arte non è un linguaggio, è una «logica», una struttura che permette di articolare la sensazione, i rapporti tra le Figure, come rapporti figurali, perce­pibili, opposti ai rapporti intelligibili di idee e parole. Gli elementi compositivi che connotano il lavoro di Bacon non vengono quindi affrontati né come sintagmi linguistici, né come componenti di un'articolazione concettuale. Sono i modi attravero i quali si svolge il processo di elaborazione della Figura, "luogo” in cui si afferma l'esperienza del visibile (in questo senso Deleue accenna più volte alle teorie linguistiche di Wittgenstein, anche e il confronto tra i giochi linguistici e la logica della sensazione non viene mai esplicitatoa fondo).

Deleuze afferma per esempio (pp. 51-52) che Bacon dipinge la testa cancellando il volto, e il suo intervento manuale - la pratica di questa cancellazione - spinge i tratti così lavorati verso «l'animalità». Non dipinge però un'analogia (l'uomo è come un cane), ma una figura moltiplicata, una zona di indecidibilità, dove uomo e animale si moltiplicano l'uno nell'altro. L'esito, la Figura, non è quindi un dato metaforico, che resterebbe semplice rappresentazione (al di qua del dispositivo ottico-manuale che il pittore è), nel solco della tradizione metafisico-narrativa programmaticamente rifiutata in pittura; è piuttosto una violenza perpetrata dall'artista sui dati della rappresentazione per entrare nel corpo stesso del visibile, pittoricamente; non operando quindi sulle corrispondenze tra pittura e scrittura, che avrebbero realizzato un'analogia iconografica, ma sulle differenze, individuando i luoghi e i processi logici di un esercizio pittorico.

In sostanza, l'indagine di Deleuze sembra voler individuare un"corpo" della pittura, che non sia né il «corpo della pittura» di cui siparlava negli anni settanta a proposito dell'astrazione, impegnato inuna esplorazione analitica dei propri dati primari (si pensi ai francesi di Support/surface); né un corpo organico plasmato secondo modelli di sviuppo che cond elo faaI;cnte alla iìgrazione e narrativo (anche se si tratterebbe in questo caso di un narrativo "bioiogico'), da cui il testo inaugurale di Bacon si distacca programmaticamente. In questo senso, Deleuze sottintende anche uno dei temi più  discussi nella filosofia contemporanea, quello della ridefinizione di un pensiero del corpo che superi la sua valutazione fenomenologica come cerniera tra il soggetto e la sensazione, come questa aveva superato la sua fondazione quale sede del soggetto, esteriorizzazione della facoltà di distinguere un "altro da sé". Un tema che,rimettendo in discussione alcuni cardini della tradizione filosofica,lavora anche - in modo carsico - sulle insufficienze della filosofia (è illuminante a questo proposito il libro di Jean-Luc Nancy, Corpus, non tanto un testo filosofico quanto un esercizio di scrittura tragli snodi della filosofia). Il corpo della pittura si presenta come un«corpo senza organi», secondo l'espressione mutuata da Artaud chelo stesso Deleuze, assieme a Felix Guattari, aveva adottato più di divent'anni fa nel fortunatissimo Vanti-Edipo. Corpo intensivo, attivo localmente per salti, scarti, vibrazioni e modulazioni. Le diversecaratterizzazioni, iconografiche e tematiche, proposte da Deleuzeper la pittura di Bacon, e le stesse periodizzazioni del suo lavoro,non vengono esposte cronologicamente, ma come molteplici modulazioni atemporali attraverso le quali il corpo senza organi dellapittura viene attivato dalle forze che lo percorrono attraverso la rnanualità  dell’artista; elaborando, nella violenza delle catastrofi che colpiscono i diversi clichés della visione, la Figura cioè il prodotto.. del rovesciamento di tutte le classificazioni categoriali tramite I quali la visione si fa stereotipo. Anche la storia dell'arte, di cu Deleuze tiene ben presenti i contributi, viene costretta alle nccessit di questa indagine sulla possibilità filosofica della pittura (e sulla possibilità pittorica della filosofia). I riferimenti che ricorrono pii spesso sono allora quelli che hanno sviluppato, trascendendo le singolarità autoriali, il disegno di grandi polarità intensive (astral­to/empatico, aperto/chiuso...) quasi inetastoriche, oscillazioni in­terne al corpus delle forme: i nomi ricordati sono allora quelli di Riegl, Wölfflin, Worringer...

Un pittore quindi, seguendo le coordinate della ripetizione e della differenza, non inventa una immagine (si vedano a p. 157 le osservazioni contro i miti del rapporto copia‑modello e della «origi­ne della pittura»). Piuttosto, «a modo suo riassume la storia della pittura», modulando nel suo intervento le forze e i livelli di intensità attraverso l'articolazione ‑ "logica" ‑ degli elementi compositivi. Viene proposta allora una critica dell'immagine e del suo statuto che prende le mosse dalla fattività della sua produzione, dai flussi di forze attive sotto l'illusorietà di un suo statuto ontologicamente determinabile, catalizzati e regolati dal dispositivo mano‑occhio che viene comunemente indicato come "pittore".

Il pensiero d Deleuze ha seguito il corso di un nuovo modo di darsi della filosofia, sia attraverso i suoi contributi più esplicitamen­te teorici, sia attraverso una rete di monografie dedicate ad altri fiiosoii e scrittori, e al cinema, costruendo una proliferazione inter­testuale  (è evidente la relazione che lega questo testo su Bacon alle riflessioni dei due volumi sull'immagine cinematografica; ma altret­tanto importanti per la sua comprensione sembrano essere le note s!l'irriducibilità tra visibile ed enunciabile che compaiono nel libro su Michel Foucault). È un percorso che oggi, dopo la sua morte, rivela la tenuta coerente della complessità "rizomatica" del suo svi­luppo. L'opzione baconiana per quel genere di linea pittorico‑grafi­ca che in Logica della sensazione viene avvicinata alla linea "gotica" di Worringer, non organica, non rappresentativa, spazio manuale puro (forse, rizoma), si interseca alla scelta deleuziana dell'inumano inteso come negazione dell'organicità gerarchica, per una pluralità orizzontale dei piani che si percorre per salti, per cadute, per azzera­menti di costruzioni sistemiche (la "minorità" di cui ha parlato a proposito di Kafka, che apre alla positività del sapere gli spazi liberi della deterritorializzazione, dove si può cominciare a pensare la «società dei fratelli» contro quella dei padri). La sottolineata pecu­liarità "aptica" della pittura di Bacon, luogo di indecidibilità fra funzione ottica e funzione tattile (un riferimento che evoca certe acquisizioni dell toria dell'arte dei primi del Novecento, come glistudi del Riegl ull'arte tardo-romana), in cui l'occhio "tocca" nelmomento in cui "guarda", è l'intersezione dei diversi piani sensorialinella sensazione; e l'intersezione dei diversi elementi della pitturaattraverso la convergenza dei piani del colore. Una localizzazioneparziale della sensazione contro l'un iversalizzazione delle grandinarrazioni della pittura - come per esempio la concezione otticadella rappresentazione classica di matrice greca, che nella sua subordinazione alla resa del dato visivo rimaneva al di qua della Figura,vincolata alla dimensione narrativa. La reazione del filosofo neiconfronti di quei sistemi di pensiero che considerano il proprioambito un corpo organico (una concezione della filosofia di cuipiacerebbe riconoscere la prima definizione compiuto nel sistemaplatonico, data la condanna di Platone della pittura come inganno,mimesi di una mimesi; e allora la possibilità filosofica della pittura siaprirebbe con la chiusura di quel sistema che, aprendosi, l'avevaesclusa dal proprio ambito) si scopre quindi affratellata alla reazionedi Bacon contro il "narrativo" - sia figurativo che astratto -connotato di buona parte della pittura a lui precedente.