È sintomatico che il principio-guida dell’eccitazione, in senso propriamente nervoso (l’isteresi di cui ha parlato Gilles Deleuze nel libro in assoluto decisivo, da qualche tempo di nuovo disponibile nella magnifica edizione curata da Stefano Verdicchio per Quodlibet, Logica della sensazione: pp. 245 con 40 ill.ni a colore e 92 in b/n, Euro 23,76), per Bacon derivi tanto dalla vita che dalla morte. L’artista non si sottrae, al riguardo, alla tentazione biografica (a cinque anni vede la cavalleria inglese all’assalto, in Irlanda; a Londra è sotto le bombe degli Zeppelin; nel ’27 è a Berlino, città «molto, molto violenta»; di lì a Parigi in «tutti quegli anni disturbati fino all’inizio della guerra, nel 1939»; sua madre proviene da una famiglia proprietaria di acciaierie: «immagino abbia visto il nome sui coltelli»…); ma lui e Sylvester restano sempre interessati più al grido che all’orrore.
Dunque colpisce molto di più il motivo per cui rifiuta l’arte astratta, Bacon. Elogiando Buñuel, afferma che «qualsiasi cosa in arte somber crudele, perché la realtà è crudele […] nell’astrazione non si può essere crudeli». L’arte astratta ha un’eleganza a volte mirabile (egli stesso ammira Michaux) ma a chi la guarda dà «qualcosa con cui non deve combattere». È l’Agone che l’arte deve scatenare: fra artista e soggetto, fra opera e fruitore. Un diagramma di forze, un cozzo di energie. Ha ragione Deleuze: la Figura di Bacon non è «figurativa» perché non illustra «forme», bensì capta «forze» (Deleuze le definisce appunto diagrammi): prima e al di là (o, meglio, al di qua) della figurazione. Lo dice, Bacon, commentando «due figure [...] intente a copulare o a sodomizzarsi [...] se lei guarda le forme noterà che in un certo senso esse sono estremamente non figurative».
Tutte queste coppie oppositive si possono infine riassumere in una condizione esistenziale, meno esibita dell’«esilarante disperazione» del personaggio-Bacon, ma che è il palinsesto di tutte le sue parole. Una condizione che ogni artista degno di questo nome, forse, conosce assai bene. Se, come dice Shakespeare, non siamo altro che «mosche per fanciulli che giocano», allora il nostro dibatterci, le forze che percorrono i nostri corpi – tutto ciò è derisoriamente vano. Eppure, «si crede senza ragione... e però si crede [...] si nasce e si muore, ma nel frattempo a quest’esistenza senza scopo diamo un significato con le nostre azioni». Se la passione di Bacon risulta ormai incancellabile è proprio in virtù della sua perfetta, provocatoria inattualità – nel tempo del più programmatico disincanto. Lo dice con un tono che non ammette repliche: «la sola cosa che rende qualcuno interessante è la sua dedizione».