Recensioni / Contini professione reporter

Alla prima delle “Rencontres internationales” (Ginevra, 2-14 settembre 1946) c’era il trentaquattrenne Gianfranco Contini, dal 1938 cattedratico di Filologia romanza a Friburgo, per l’occasione nel ruolo di cronista. Il suo reportage, molto lodato da Montale, apparve alla fine di ottobre sulla «Fiera letteraria» ed ora, con il titolo Dove va la cultura europea?, presso Quodlibet (pp. 63, € 9) in una edizione assai ben curata da Luca Baranelli, e con un saggio non proprio adeguato di Daniele Giglioli. Il tema dell’incontro, lo Spirito Europeo, dopo i timori iniziali per la sua vaghezza si rivela produttivo nonostante «gli inevitabili accademici e vanitosi». L’ironia dello speciale inviato si esercita nel definire «energumeno» Georges Bernanos, scolpisce un acuminato ritrattino di Stephen Spender, commenta pettinature come «la frangia ascetica» di Julien Benda e certe assenze importanti: Gide, Eliot, Ortega y Gasset, benché fossero stati invitati. Benedetto Croce avrebbe addotto «impedimenti fisici» anche se il vero motivo del rifiuto – si diceva – era la «minaccia d’una calata di Sartre». L’insolito reporter annota quanto sia lacunosa la presenza italiana fra i nove relatori con il solo pur «simpatico ed eruditissimo» Francesco Flora. Fra le tante suggestioni di questo scritto risaltano l’interesse per Lukács (secondo alcuni una sorta di bolscevico Molotov); l’idea che non si può espungere la dimensione politica dalla cultura; il dovere per gli intellettuali di occuparsi dell’insegnamento; l’affermazione che «Cavour era un tecnico: ma non rinunciava per questo a ogni idea generale». Accelerando il passo verso un’utopia tuttora incompiuta, Contini è d’accordo con chi sostiene che «la malattia è nel mercato, e il rimedio [...] consiste nella fusione dei mercati europei, nella federazione europea». E dimostra così quanto mondo esisteva nel suo pensiero filologico.