GILLES DELEUZE
FRANCIS BACON. LOGICA DELLA SENSAZIONE, edizione QUODLIBET, Macerata 1995 pagg. 256, ill: 42 coi. e 90 bn. Lire 46000
Dobbiamo alla traduzione di Stefano Verdicchio e ai lavoro di una preziosa e giovanissima casa editrice maceratese, la Quodlibet, l'edizione italiana del saggio di Deleuze su Francis Bacon. Logique ce la sensation, edito a Parigi da La Difference già nel 1981. Merito dunque della casa editrice nata dalla scuola di Giorgio Agamben che ci fornisce un importantissimo strumento di lettura per una figura chiave della nostra contemporaneità come Bacon, scomparso a Madrid nel 1992. Logica della sensazione come logica cella resa dei visibile, il proolema centrale di tutte le arti non è cuello dell'imitazione dei 'reale' ma quello di riuscire a "caotare delle forze", non quindi inventare forme nuove ma, come sosteneva Paul Klee, non rendere il visibile, bensì rendere visibile. Questa coscienza accomuna nei diversi passaggi alla modernità Cennino Cennini a Cezanne, a Paul Klee e a Bacon. Era proprio Cennini a indicare nella pittura a via per "trovare cose non vedute cacciandosi sotto ombra ci naturali e fermarle con la mano, dando a dimostrare quello che non è sia'. Di Deleuze sono noti gli studi sui cinema come mmagine‑tempo e come Immagine‑movimento, derivati dalle riflessioni filosofiche e da una costante attenzione allo statuto dell'immagine. Questa densa riflessione sulla cittura di Bacon, un saggio di estetica, non poteva prescindere da osservazioni che hanno una matrice nello stuolo dell'immagine in movimento, nella logica delle inquadrature e che possono costituire un'apertura medita anche sulla nuova icona elettronica. Ossrva infatti Deleuze. a proposito della composizione in Bacon, come le figure siano isolate da artifici come tondi, parallelepipedi, cubi, mettendo così al riparo da ogni tentazione narrativa, figurativa e illustrativa. Bacon assimila così la lezione cezanniana della 'Petit sensation", la figura pensata come sensazione agisce direttamente sui sistema nervoso che è fatto di carne. D'altra parte la paura astratta si rivolge direttamente al cervello'. Lo sguardo fenomenologico di Cezanne si cone come essere al mondo: "io divengo nella sensazione, e al tempo stesso, qualcosa accade attraverso la sensazione, uno per l'altro, l'uno nell'altro" (pag. 85) così lo spettatore "sente" soltanto entrando ne! quadro. Bacon e Cezanne sono accomunati rei tentativo di dipingere la sensazione, di "registrare il fatto" secondo il suggerimento di Valéry che definiva la sensazione come ciò che si trasmette direttamente "evitando il tedio di una storia da narrare". E qui è d'obbligo il riferimento ad Artaud. Che altro e la pittura di Bacon se non un teatro della crudeltà. un teatro dei nervi scoperti, un teatro della "atletica affettiva" della peste auspicata da Artaud? Quella particolare isteria trasmessa dalle torsioni baconiane è per Deleuze espressione dei 'corpo senza organi", di una liberazione delle presenze che "stanno sotto la rappresentazione, al ai là cella raepresentazione. Ecco dunque la logica della sensazione si traduce in un dipingere "il grido anziché 'orrore'" (pag. 122). Aurradianamente la pittura di Bacon esprime la violenza non dei rappresentato, ma dei rappresentare. Corpo come carne (bene ha fatto Verciccnio nella traduzione a distinguere in italiano la differenza fra chair‑carne e viande‑carne macellata) e la carne come macelleria, è uno dei temi‑ossessione di Bacon cne arriva a identificarsi con l'animale squartato e sezionato dei negozio dei macellaio. Deleuze percorre e tepee cella fotografia e dei cinema come sottintesi strumenti teorici (nei senso letterale di visione) per leggere‑sentire la pittura di Bacon. Osserva infatti che avendo, già nel secolo scorso, la fotografia assunto su di sé la funzione illustrativa (cfr. W. Benjamin), la pittura deve ora strappare a figura al figurativo Croorio come accaceva nel medioevo, come Giotto che fa volare Cristo come un meraviglioso aquilone, dove le figure divine "sono animate da una libera attività cui tutto è concesso" (pagg. 28‑30). Sorveglia e sorprende nella pittura di Bacon la figura implicita di uno spettatore‑voyeur pensata come la necessità di un testimone ci un attendant distinto dalla figura, in una similitudine con il kafkiano Teatro di Oklahoma. I corpi baconiani sono per Deleuze in sintonia con Beckert, ciascuno in attesa dei suo soopoiatore (pag. 37). Diversamente dallo specchio di Carroll quello di Bacon ha uno spessore ocaco, "il corpo si trasferisce nello specchio e vi prende dimora" deformandosi (pag. 46). Deleuze mette in campo la nozione di figurale a proposito della pittura al Bacon. come estrazione e isolamento, sganciata da ogni necessità narrativa e figurativa, come luogo di captazione delle forze capace di attraversare Velazquez. Michelangelo, Van Gogh, Cézanne, Kiee. KandinsKij, Pollock, ma anche Goya e Bunuel, Ejzenstein e persino l'attore stanislavskiano che ricerca nella fase pre‑espressiva la ragione di un'etica dei proprio lavoro, così come per un'etica delle immagini: "La figurazione esiste, è un fatto, addirittura è preliminare alla pittura. Siamo assediati da foto cne sono illustrazioni, da giornali che sono narrazioni, da immagini‑cinema, da immagini‑tv. Esistono cliché sia psichici che fisici, percezioni già pronte, ricordi, fantasmi" [pag. 1,591 da questa consapevolezza parte il lungo viaggio di cfli oggi si interroga sull'immagine come ii Wenders di Lisbon Story che ricerca una ipotetica purezza.