Recensioni / Il calabrese e la piemontese: un amore antiborbonico

In un viaggio, indietro nel tempo e attraverso lo spazio che da Sud porta a Nord e poi ancora a Sud, Teti fa toccare con mano la passione e i sentimenti che hanno spinto chi questa nazione ce l’aveva nel sangue e nella mente. In una minuziosa e ricca, quanto forte, ricostruzione antropologica e storica, seguendo con pazienza e curiosità instancabile il percorso della memoria, ha restituito, in tutta la sua umanità, il Risorgimento. Il filo conduttore è tracciato dalla misconosciuta storia d’amore e ribellione di Antonio Garcèa, patriota e calabrese, e Giovanna Bertòla, educatrice e giornalista piemontese. «Una storia minuta, quotidiana, faticosa, segnata da speranze e delusioni - a cui fanno da sfondo altre storie e altre figure del Risorgimento meridionale - che aiuta a uscire da retoriche nazionali e da nostalgie neoborboniche». Seguendo il percorso tracciato da questa famiglia, Vito Teti racconta, per intero, la costruzione del Paese. E lo fa segnando, pure, il passo delle sue interne contraddizioni. C'è riuscito così bene che, dalle sue pagine, viene fuori una visione attuale del Mezzogiorno. Che, per quanto straordinariamente bello, ha dentro e fuori, anche, le sue reali bruttezze. Oggi, esattamente, come allora. E, addirittura, in anticipo rispetto alla questione Meridionale.