Talvolta le figure apparentemente minori rappresentano meglio lo
Zeitgeist, lo spirito del tempo. Questo è il caso di uno strano
professore di filosofia, il viennese Carl Leonhard Reinhold, allievo dei
gesuiti, poi barnabita. Spretato, entrò nella loggia massonica viennese
della Vera Armonia, diretta da Ignaz von Born, consigliere
dell’imperatore Giuseppe II, nonché protagonista dell’illuminismo austriaco, personalità così
carismatica e travolgente da ispirare a Mozart (ancheluimassone) la
figura ieratica di Sarastro nel Flauto Magico.
La massoneria settecentesca era traversata da fiere lotte intestine tra
le fazioni mistica e razionalistica. Entrambe dettero luogo ad altre
società sempre più segrete. Quella razionalistica
si ritrovò nell’Ordine degli Illuminati, il cui programma radicale,
anticlericale e antidispotico, ben presto attirò l’attenzione di alcuni
governi che lo misero fuori legge. Reinhold, che aveva aderito a questa
associazione, fu costretto ad abbandonare in tutta fretta Vienna e a
riparare nel più tollerante ducato di Weimar. Intanto completava la sua
formazione filosofica con un’intensa frequentazione della filosofia
kantiana, che gli valse la cattedra all’università di Jena. E fu qui che
Reinhold ebbe a giocare un ruolo straordinario, influenzando
profondamente prima Schiller
e poi Goethe, che da lui mutuarono le conoscenze del kantismo. Dalla
cattedra Reinhold contribuì a formare una generazione straordinaria, tra
cui i fratelli Friedrich e August Wilhelm Schlegel
e soprattutto Novalis. Enorme fu l’efficacia di un suo libretto, I
misteri ebraici ovvero la più antica massoneria religiosa, ora
elegantemente pubblicato da Quodlibet (pagine 258, 18 euro)
nella bella traduzione di Gianluca Paolucci, che ha corredato il volume
di un indispensabile postfazione, mentre l’introduzione, ricchissima, è
di Jan Assmann, uno dei più brillanti intellettuali tedeschi. Nel saggio
Reinhold prende posizione a favore di una genealogia spirituale che
parte dall’Egitto iniziatico e misterico, pervade la tradizione ebraica,
che secondo l’autore avrebbe
derivato dai sacerdoti egizi la propria religiosità per sfociare nel
cristianesimo e tramandare, segretamente, attraverso la massoneria una
spiritualità sostanziata di libertà, dignità e autonomia dell’uomo. Nei
pressi di Weimar a Ettersburg, in un ameno bosco, Goethe si intratteneva
con la signora von Stein, incidendo su una quercia i loro nomi. La
quercia è l’unica conservata dai nazisti all’interno del Lager di
Buchenwald (come rinominarono il luogo). E’impressionante pensare che
quella società tedesca che aveva discusso della centralità dei misteri
ebraici, tentò, circa 250 anni dopo, proprio negli stessi luoghi, di
sopprimere gli ebrei. Mail ricordo di chi in Germania venerò la cultura
ebraica, la elesse a guida e a modello aiuta a sperare e ad avere
fiducia in una nuova cultura tedesca all’insegna di Goethe, Schiller,
Kant e pure di Reinhold.