Recensioni / Spazi del welfare

In tempi di crisi economica e sociale, a fronte della drastica contrazione delle risorse e della radicale rivisitazione delle forme organizzative e degli stessi obiettivi del welfare state, non solo in Italia ma in tutta Europa, occuparsi degli spazi del welfare materiale può apparire un esercizio “inattuale”. Sembrerebbe trattarsi di una questione in definitiva marginale rispetto ai problemi al centro dell’agenda pubblica e alle formazioni discorsive dominanti nel dibattito politico. Nell’attuale discussione sullo stato sociale e sulla sua necessaria riforma, sui suoi dispositivi e sulle sue pratiche, il libro Spazi del welfare. Esperienze luoghi pratiche, curato dall’Officina Welfare Space, porta invece argomenti assai robusti a favore della centralità di una riflessione sugli spazi prodotti dalle e nelle politiche di welfare, sulle pratiche d’uso che li caratterizzano, sulle esperienze di intervento e d’azione che potrebbero riqualificare e riprogettare questo straordinario patrimonio materiale e immateriale. La tesi del libro, esplicitata nel saggio introduttivo di Stefano Munarin e Maria Chiara Tosi, prende proprio le mosse dalla “scarsa considerazione” e dall’attenzione “meramente tecnica” con cui viene tratto il tema dello “spazio di socializzazione e di vita collettiva, quell’insieme di spazi, servizi e attrezzature che dovrebbero garantire comfort, sicurezza e qualità della città, dando forma concreta alle politiche di welfare”. Questa scarsa considerazione, a sua volta, ha a che vedere sia con la dominanza di formazioni discorsive che hanno finito per descrivere il welfare come un costo (innanzitutto nella prospettiva macroeconomica del debito pubblico e dei vincoli finanziari e di bilancio); sia con la prevalenza di una lettura del welfare disancorata dalla sua materialità, dalla sua connessione con pratiche individuali e (soprattutto) collettive che “danno corpo” alla qualità della vita delle donne e degli uomini nella loro esperienza quotidiana di abitanti e utilizzatori della città. Il libro prodotto da Officina Welfare Space ci permette di sostenere una posizione assai diversa, e più complessa: da un lato gli spazi del welfare, e le pratiche a essi connesse, hanno rappresentato, e rappresentano ancor oggi, un tassello fondamentale di una politica di giustizia e risarcimento spaziale, in un contesto nel quale i cleavage spaziali nelle città e nei territori si stanno riconfigurando e approfondendo. Dall’altro lato, il contrasto offerto dalle politiche del welfare materiale alla “fatica di abitare”, elemento essenziale della diseguaglianza e della deprivazione di gruppi e ceti sociali, rappresenta un terreno decisivo proprio in tempi di crisi per ridisegnare insieme forme nuove di cittadinanza e di urbanità. Non stiamo, in altri termini, “parlando d’altro”: il volume Spazi del welfare ci offre diversi motivi di riflessione e materiali di ricerca per contrastare quel deterioramento della sfera pubblica a cui si riferiva Laura Pennacchi in un importante testo di qualche anno fa sulla “moralità” del welfare.
Al di là delle intenzioni programmatiche, tuttavia, Spazi del welfare è un libro che restituisce una lunga e articolata esperienza di riflessione teorica e di ricerca
sul campo. Tale esperienza è stata proposta e sviluppata dall’Officina Welfare Space, un laboratorio di ricerca e progettazione coordinato presso lo IUAV da Stefano Munarin e Maria Chiara Tosi, al quale hanno preso parte collaboratori (tra i quali le due coautrici del volume, Cristina Renzoni e Michela Pace e Ruben Baiocco, che ha redatto un capitolo del libro) e studenti del laboratorio di laurea. Il testo restituisce selettivamente questo percorso di indagine pluriennale in tre sezioni, precedute da una presentazione di Gianfranco Bettin e da un’introduzione di Munarin e Tosi, e seguite da una postfazione di Bernardo Secchi. La prima parte, occupata dal già citato saggio di Tosi e Munarin, prova a collocare in un quadro teorico articolato la concettualizzazione dello “spazio del welfare”, e a verificarne l’operatività in dialogo sia con la più generale riflessione sul senso e sul destino del welfare state, sia con il campo delle teorie e delle pratiche urbanistiche. Il saggio, molto denso, propone in conclusione una “nuvola di ipotesi” che ha anche il sapore di un testo programmatico, nel quale si indica esplicitamente la necessità per l’urbanistica di tornare nuovamente a svolgere “un ruolo attivo e trainante nell’ideazione di inedite forme e spazi del welfare”. La seconda parte propone alcune indagini empiriche ravvicinate. La prima
(scritta da Cristina Renzoni) propone una “biografia” di un’infrastruttura collettiva nella città di Mestre (il Parco della Bissuola), ricostruendone strati e spessori in relazione alle vicende della sua realizzazione e della sua “evoluzione” nel tempo. La seconda (scritta da Cristina Renzoni e Michela Pace) restituisce invece un’indagine pluridimensionale relativa a un servizio di welfare attivato dall’Amministrazione comunale di Mestre (l’unità operativa Équipe Territoriale Aggregazione Minorile – ETAM), osservandola sia dal punto di vista organizzativo e di policy design, sia sotto il profilo del nesso con le pratiche spaziali intercettate e attivate dal servizio in questione. Chiude la seconda sezione un breve saggio di Ruben Baiocco su prospettive e ostacoli della spazializzazione dei servizi sociali. I motivi di interesse di questa seconda sezione, che contiene un bel servizio fotografico, sono diversi. Segnalo qui due questioni rilevanti anche dal punto di vista metodologico. Innanzitutto, le indagini proposte mostrano come si possa tentare di descrivere insieme spazi, dispositivi e pratiche, intrecciando una riflessione sulle biografie dei luoghi con una sui materiali urbani e sulle forme esperienziali d’uso degli spazi del welfare. In secondo luogo, l’indagine sul servizio sociale attivato a Mestre si propone di descrivere una politica di attivazione di un servizio pubblico sotto il profilo organizzativo e relazionale e contestualmente dal punto di vista delle pratiche spaziali in cui è implicata e che contribuisce a generare.
Più in generale, le indagini empiriche proposte nel volume indicano la strada, ancora da esplorare compiutamente, della descrizione multidimensionale di pratiche di welfare che sono insieme spaziali, sociali e istituzionali, provando a riconoscere attraverso diversi protocolli d’osservazione i nessi e le fratture tra queste diverse dimensioni. L’ultima parte del volume, infine, restituisce alcune esplorazioni progettuali di spazi del welfare in diverse città del Nord Est e prova a utilizzare tali esplorazioni come esercizi di “messa alla prova” di ipotesi e strumenti di intervento per il welfare materiale nella città contemporanea. Nel suo complesso il volume si presenta come un contributo rilevante e originale al dibattito nazionale e internazionale sul welfare e sui suoi spazi.
Proprio per dare maggior forza alle intenzioni programmatiche degli autori, segnalo qui, dalla mia specifica prospettiva di studioso delle politiche urbane, tre questioni che potrebbero essere oggetto di ulteriore approfondimento, contribuendo a quell’operazione di “ritorno al centro” dei temi della città e del territorio nel dibattito sugli scenari per il nostro Paese e più in generale per le democrazie europee. Il primo tema è quello dell’analisi delle politiche di welfare materiale nella prospettiva di una grande politica nazionale di riqualificazione e manutenzione urbana.
Lo studio dei meccanismi di finanziamento e di gestione degli interventi e delle azioni nel campo della produzione e riproduzione degli spazi del welfare rappresenta infatti la condizione per poter costruire politiche nazionali e locali di investimento, alternative alla strategia oggi dominante delle grandi infrastrutture e delle grandi opere. Imparare a “fare i conti”, con una sensibilità alla dimensione materiale e relazionale degli oggetti in gioco costituisce dunque una condizione ineludibile per il rilancio di uno scenario di sviluppo centrato sulla valorizzazione dei beni comuni e sull’aumento dell’abitabilità dei nostri spazi quotidiani. Il secondo tema ha a che vedere invece con le condizioni operative di un’azione di riprogettazione degli spazi del welfare nella concreta azione amministrativa dei comuni. Nel volume è già chiaramente identificato il terreno della convergenza e dell’integrazione tra funzioni e forme di razionalità amministrative tradizionalmente poco dialoganti (quelle dei servizi sociali e quelle degli uffici tecnici; quelle di chi gestisce e manutiene il verde e quella di chi coordina le politiche della mobilità). Tuttavia, non credo che il problema sia solo quello di proporre maggiore integrazione: politiche di settore potranno e dovranno comunque giocare un ruolo essenziale. Si tratta piuttosto di identificare i dispositivi (i government tools) e gli strumenti nei quali una logica funzionale e una spaziale debbano necessariamente intrecciarsi: dai piani dei servizi all’interno degli strumenti urbanistici ai piani triennali delle opere pubbliche. Le suggestioni progettuali del volume potrebbero essere utilmente messe alla prova, come peraltro Maria Chiara Tosi e Stefano Munarin hanno già fatto in esperienze di progettazione urbanistica da loro compiute, dentro pratiche ordinarie di pianificazione e programmazione degli investimenti pubblici. Infine, segnalo la ricchezza di un tema esplicitamente indicato dagli Autori: quello della relazione tra forme, materiali e dispositivi spaziali del welfare e pratiche d’uso da parte di popolazioni diverse. Si gioca su questo terreno una riflessione, che a mio avviso ha oggi un valore radicale, sul senso dell’essere-in-comune e del con-dividere, dentro gli spazi del welfare, riflessione che non può essere priva di conseguenze anche dal punto di vista della progettazione e riprogettazione dei luoghi di relazione e convivenza nelle trame della città contemporanea. Su questi temi, e su molti altri che non sono in grado qui di discutere compiutamente, Spazi del welfare è un libro che non solo offre strumenti innovativi di lavoro, ma apre nuove e fertili piste di ricerca e di progetto.