Recensioni / Guida intergalattica per malati d'immaginario cronici

Bisogna rendere omaggio a Paolo Albani che con l'acribia di un vero bibliografo ci presenta Mattoidi italiani (Quodlibet), un primo e pregevole repertorio ragionato di autori dimenticati, per lo più misconosciuti a causa della singolarità della loro opera. Si tratta di un catalogo che offre, per la prima volta, uno scandaglio meticoloso di personaggi che nel corso della loro esistenza si sono impegnati nell'elaborazione di bizzarre teorie filosofiche e astronomiche, arditi sistemi linguistici, strampalate invenzioni dall'utilità non verificabile e rinnovatori politici emarginati. Tutti accomunati da un'inclinazione alla veggenza immaginifica e da una posizione discriminata nel consesso scientifico. Tutti un po' mattoidi insomma, ma non pazzi come si potrebbe credere. Nessuno di loro ha infatti mai varcato le soglie del manicomio o messo piede nell'anomia della follia. Si potrebbe dire che sono per lo più fautori di scienze concorrenti rispetto alla scienza ufficiale, di patafisici più che di fisici. Cioè esploratori di quella scienza delle soluzioni immaginarie che sta non dopo la fisica, ma sopra la fisica.
Per quanto concerne gli scrittori “eterocliti” francofoni, francesi e belgi, un'operazione analoga era già stata portata a compimento nel secolo scorso da Raymond Queneau e André Blavier, e ora Mattoidi italiani colma una lacuna ingiustamente lasciata prosperare nel nostro paese, dove invece di materiale da esplorare ce ne sarebbe a bizzeffe. Basta sfogliare il volume di Albani per farsi una prima idea di come ci si potrebbe comporre un ampio museo etnografico della popolazione dei mattoidi italici.
Tra la folta schiera di matematici e fisici che hanno cercato di risolvere l'annosa questione della quadratura del cerchio spiccano i cosmografi, per lo più impegnati a contestare le teorie di Newton. Come si può accettare la teoria della gravitazione – ci dice il bresciano Giuseppe Casazza ne La legge di posizione o la legge delle leggi fisiche (1883) – se secondo quest'ultima sulla nostra testa dovrebbe pesare una forza equivalente a 15mila chilogrammi? Spesso non servono strumenti sofisticati e costosi per invalidare i costrutti ufficiale della scienza comunemente accettata. Bastano l'osservazione empirica e un po' di oculato buon senso. Così per esempio ne La legge del sistema planetario (1902), Giuseppe Borredon, capitano di lungo corso, spiega con acume dimostrativo e sicurezza argomentativa come a muovere l'intero meccanismo del sistema solare non siano altro che il caldo e il freddo, cioè l'interazione tra la freddezza lunare e il calore solare.
Tra le scienze che prosperano ai margini e fra gli interstizi lasciati vuoti dall'ufficialità accademica, anche quelle umanistiche sono ben rappresentate. Filosofia e sociologia, politica e linguistica sembrano anzi essere discipline propizie all'immaginazione e all'errore. E alla fine del catalogo di Albani si ha così la stessa sensazione che si ha dopo aver letto il Saggio sugli errori popolari degli antichi di Leopardi, cioè che nello scarto fra errore e verità scientifica si annidi l'immaginazione e la creatività poetica umana. Per questo alla fin fine ci sentiamo di aderire alla teoria del mattoide Carlo Cetti secondo cui si è naturalmente scrittori «se tutto ciò che fai ti torna a rovescio, o viene frainteso». In questo caso bisogna subito correre senza indugio in una soffitta per scrivere i propri “pensamenti” da rivelare al mondo. «Le nottole tessono sul tuo capo strani voli a sghembo, fuori ridono le stelle, o avvampa il sole, o infuria la procella, ma tu non odi, non vedi che i fantasmi creati dalla tua mente».

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