Recensioni / Indagine su Goethe cercando un'idea che sia norma di vita

Georg Simmel studia e insegna a Berlino negli anni in cui le sale neoclassiche della Humboldt Universitat si riempiono di spiriti inquieti che cercano rimedi potenti contro l'anonimato dei valori tecnico economici e contro l'oppressione delle fabbriche della nuova Germania guglielmina. Attorno a lui, che ha stentato a guadagnarsi la cattedra, si raccolgono allievi che avrebbero orientato la riflessione filosofica e sociologica dei decenni successivi, Bloch, Lukàcs, Buber, Pannwitz, Kracauer, Mannheim. Lo amano, sono affascinati dalla sociologia, la disciplina di cui Simmel tiene il primo corso nel 1894   lui che si sentiva soprattutto un filosofo   e di cui definisce lo statuto; ma presto si staccano, con acrimonia a volte, come farà Lukács, troppo bisognosi di certezze e di speranze per contentarsi del suo sguardo geniale sulla modernità, disarmato, nonostante tutto, di fronte all'assedio della Zivilization.
«So che morirò senza eredi spirituali (e va bene così)   scrive. La mia eredità assomiglia a denaro in contanti che viene diviso tra gli eredi, di cui ognuno investe la sua parte in modo conforme alla sua indole, senza interessarsi della sua origine». Una previsione che si è avverata. Simmel è rimasto ai margini del pensiero filosofico novecentesco per il suo eclettismo e per quella mancanza di sistema (e di obiettivi misurabili) che lo rendono oggi di nuovo (moderatamente) attuale. In una stagione che sembra riscoprire anche in Italia il filosofo berlinese con un numero nutrito di proposte editoriali, da Denaro e vita a Metafisica della morte, giunge in libreria un testo poco noto, quello su Goethe del 1913 che, assente dalla riflessione accademica sul poeta di Weimar e solo marginalmente discusso negli studi sul suo autore (in Italia, il libro di Paola Giacomoni dei dicato al Simmel goethiano risale al I 1995), viene proposto per la cura sapiente di Michele Gardini. Goethe (Quodlibet, pp. 286 € 28) non è una biografia di quelle che rendono facile la lettura, con dati privati, notizie storiche e con la disamina delle interpretazioni; né può essere i considerato una ricostruzione accati tivante che rende moderno un personaggio di altri tempi facendo agio sulle sue contraddizioni e le sue in i quietiidini. Simmel, che aveva punteggiato le sue opere di infinite citazioni goethiane, soprattutto dalle massime e dalle poesie, e che a Goethe aveva dedicato un altro libro, Kant e Goethe del 1906 (in Italia per Ibis nel 2008) e un buon numero di saggi, avverte subito il lettore che i quello che sta liel leggere è essenziali mente il diagramma di un incontro: «L'intento di questo scritto non è biografico, né diretto all'interpretazione e all'apprezzamento della poesia I goethiana. Ciò che domando è piuttosto: quale è il senso spirituale dell'esistenza di Goethe in generale?».
Come aveva fatto Dilthey in Esperienza vissuta e poesia nel 1895, Simmel colloca il suo protagonista in un contesto filosofico più che biografico, proiettando su di lui concezioni e rappresentazioni che gli sono proprie e facendone più che mai un contemporaneo: Goethe era per Dilthey il genio che sa forgiare la poesia dall'esperienza vissuta; per Simmel è invece la dimostrazione della possibile unità tra le inclinazioni naturali e l'opera, una unità ormai negata all'uomo «contemporaneo» ridotto a ingranaggio, incapace di dominare la ridda scomposta delle sensazioni, ormai in balia dello spirito oggettivo e di un intellettualismo irrigidito   scrive in Filosofia del denaro, osando ancora sperare che da questa condizione possa nascere una catarsi anche grazie alla penetrazione dell'arte.
In nome di questa catarsi, già più appannata nelle sue proiezioni degli anni dieci rispetto all'inizio del secolo, Simmel indaga su Goethe, ne fa un interlocutore della modernità, celebra la sua metafisica della vita come grimaldello che scardina il “principio della forma” e radica in questa celebrazione l'adesione a un'etica della «legge individuale» che sorga i senza i limiti del rigorismo kantiano   dalla totalità della vita del singolo e dal suo ritmo interiore. Parlerà allora del trionfo dell'universalmente i umano, dei «moventi ultimi della spiritualità» goethiana, della conformità tra natura e opera, del «fenomeno originario» che lo guida, per poi tori nare su un piano più fenomenico annunciando di voler mettere insieme le tessere di mosaico disperse tra le contraddizioni, le allusioni, le espresi sioni frammentarie e cogliere in lui un'idea che non si contrappone all'esperienza, non ha un'esistenza isolata, ma si pone come principio nori mativo dell'esistere: «Proprio ciò... I rende incomparabile l'opera di Goethe, il fatto che in ogni attimo essa sia la pulsazione della sua vita... ogni realtà obiettiva che creò veniva ne tra spiri dal suo tutto, qualsiasi cosa egli ac  sa integrai i colse andava al suo tutto». Più degli altri artisti ai quali Simmel dedica negli anni la sua attenzione   Michelangelo, George, Rodin e soprattutto Rembrandt nel 1916   convinto che l'arte possa essere un rimedio (forse l'unico, penserà alla fine della vita) all'eterno conflitto tra soggetto e oggetto, tra lo spirito vitale e quella esistenza semplice che minaccia di irrigidirlo, Goethe è l'approdo sicuro e il suggeritore silenzioso di un vitalismo armonioso inattaccabile da oscurità metafisiche e da naturali i seduzioni nichilistiche: è maestro dell'unificazione di un cosmo che si presenta più che mai in frantumi, ben oltre la classica contrapposizione tra spirito e materia, è colui che sa integrare esperienza e ideale, è procacciatore di una forma cornice da cui il filosofo può far irradiare tutta la propria analisi.
Simmel conosce bene Goethe, tanto da appropriarsene (come farà del resto gran parte della borghesia ebraica tedesca che gli rimane fedele fin dentro il nazismo): intreccia le parole con quelle del poeta, scava nelle opere e nei documenti con sapienza già sapendo non solo cosa vi troverà, ma soprattutto cosa, a tutti i i costi, vuole trovare: «E il semplice fatto che la domanda "chi parla?" - Simmel o Goethe   non possa ottenere risposta è indice del fatto, scrive Gardini nell'introduzione, che qui non è questione di distinzione tra diversi livelli logici», ma di fusione tra pensieri diversi, che Simmel vuole presentare come se fossero pienamente armonizzati. In realtà il filosofo opera una mistificazione che forse non coglie pienamente; forza il suo modello, rende più armonica, più compiuta la sua posizione, non accetta contraddizioni e sbavature denunciando come scrisse a suo i tempo Cacciati   nella necessità deli la manipolazione, in nostalgia del valore come certezza e della brina come assoluto.
Ribelle alle catalogazioni di difficili le lettura, ossessiva variazione sullo stesso terna «il fatto che i contenuti del suo operare sono, in ogni punto, qualcosa di unitario, tanto se li si osi serva dal lato del processo vitale o a partire dall'ordine ideale') questo volume che poco ci dice di Goethe e molto di Siminel, rappresenta un documento unico nella schiera affollai ta delle interpretazioni del poeta: il filosofo mette in campo direttamente se stesso delineando non solo una interessante figurazione del doppio, ma anche una teoria estrema della ricezione che accomuna, quasi senza diaframmi, due autori e due epoche: «L'interpretazione complessiva di i Goethe   il quale ha sempre caratterizzato tutto ciò che ha fatto come una grande confessione dovrà essere lo si riconosca o meno   sempre i cii che una grande confessione dell'interprete». Se non della sua vita al¬meno delle sue proiezioni e delle sue speranze.