Il testo ruota attorno alla relazione tra welfare e città, attribuendo a
entrambe queste parole, e alla relazione tra esse, un significato
denso, che affonda le radici nella cultura urbana del Diciannovesimo
secolo, ma capace di descrivere anche scenari possibili della
contemporaneità. Il testo esplora l’opportunità di mettere fortemente in
relazione il benessere degli abitanti della città, inteso nelle sue
dimensioni sociali e relazionali legate alla vita quotidiana, con la
dotazione materiale di Servizi per la collettività attraverso le sue
diverse articolazioni spaziali.
Il libro restituisce parte di una ampia ricerca sul rapporto tra
politiche di welfare e città svolta negli ultimi cinque anni presso
l`Istituto Universitario di Venezia e coordinata da Stefano Munarin e
Maria Chiara Tosi.
ll testo è diviso in tre parti. La prima, «Temi e questioni», ruota
attorno all'attualità e alle articolazioni possibili del concetto di
welfare, si prefigge quindi di testarne la tenuta dal punto di vista
teorico e l’operatività dal punto di vista del progetto di città. La
città come bene comune e come potenziale luogo di
giustizia sociale e spaziale e la grande questione di fondo che viene
rimessa al centro della riflessione, alla ricerca di un nuovo possibile
quadro di senso per le discipline urbanistiche.
La seconda parte «Percorsi di indagine» punta l’attenzione su alcuni
progetti e politiche di welfare nella città di Mestre. Sottende a questa
seconda parte un approccio specifico e originale all'indagine sul
campo. I saggi, le mappature, i racconti fotografici e le interviste
restituite nel testo sono esito di un programma di lavoro condotto
attraverso 'campionature' e 'carotaggi' di un contesto urbano specifico.
Si è scelto quindi di indagare la questione del welfare attraverso uno
sguardo ravvicinato attento alle differenti articolazioni territoriali e
sociali. La lettura proposta è volta ad interpretare strumenti di
governo, attori delle trasformazioni e spazi materiali che partecipano
in diverso modo alla costruzione delle infrastrutture collettive.
Un'attenzione particolare è dedicata alla dimensione spaziale delle
politiche sociali attraverso l'osservazione delle attività condotte
dall'area politiche sociali del Comune di Mestre. Questo punto di vista
originale, permette di introdurre una riflessione articolata sulle
ricadute fisiche, sia sistemiche che puntuali, di politiche che si
occupano di questioni urbane con un approccio che ha origine nella
scienze sociali ed è volto al benessere, alla coesione sociale e alla
integrazione tra popolazioni e culture.
La terza parte, «Esplorazioni progettuali», restituisce alcune
esperienze di progettazione in città del nord-est italiano, mettendo
alla prova l'utilità di uno sforzo di immaginazione per rimettere a
fuoco i caratteri della città. Sottolinea l'utilità di introdurre delle
innovazioni non solo nel modo di osservare e articolare i concetti, ma
anche nel modo di fare urbanistica e quindi all'interno del 'fare
progettuale'. Gli esercizi di esplorazione progettuale ed interrogazione
degli spazi sono delle occasioni in questo senso, alla ricerca di
quegli atteggiamenti e strategie progettuali in grado di promuovere
soluzioni inedite, anche inattese, capaci di stimolare e attivate
processi e pratiche. Attraverso cinque progetti urbani a differenti
scale e su diversi contesti, il testo ci presenta degli esercizi in cui
il progetto è utilizzato come strumento per comprendere situazioni
specifiche della città contemporanea, ma anche per verificare la
disponibilità al cambiamento e l’attitudine di alcuni spazi e politiche
alla reinterpretazione e risignificazione.
Il libro pratica molti piani, discipline e linguaggi, adattando chiavi
di lettura differenti. La riflessione si alimenta di un rapporto
circolare tra indagini di contesti urbani, esame della letteratura e
attenzioni teoriche, osservazione di esperienze virtuose e sviluppo di
progetti esplorativi. Una particolare attenzione è dedicata agli aspetti
di interpretazione dei fenomeni urbani e sociali attraverso le
immagini: accanto ad alcuni 'racconti fotografici' dei luoghi indagati,
troviamo le rappresentazioni dello spazio materiale, le figure delle
politiche, dei network di attori e delle cronache legate alla rassegna
stampa.
Il testo è anche frutto di un'intensa attività didattica esercitata
presso lo Iuav di Venezia: attraverso laboratori di laurea e workshop si
sono costruite occasioni di scambio con studenti di diversi livelli che
hanno alimentato differenti ordini di riflessioni. I vari e articolati
materiali del libro pongono l'accento, con diverse modalità e forme,
sulla dimensione spaziale di welfare state, in qualche misura invertendo
i termini di un ragionamento che tradizionalmente attribuisce a questo
tema soprattutto una dimensione di politiche. All'interno della città costruita ci si riferisce
principalmente a una geografia minore fatta di spazi e interstizi urbani
che esercitano un ruolo nella costruzione di qualità della vita
quotidiana, oltre alle dinamiche più eccentriche dei luoghi attrattivi e
delle enclave di segregazione, in alcuni casi forzata e in altri
ricercata. Questa infrastruttura degli spazi comuni è una dotazione di
attrezzature e servizi che viene riletta come risorsa da riscoprire e
reinterpretare. in quando sistema che può contribuire allo sviluppo del
benessere collettivo, alla costruzione di possibilità di convivenza,
all'affermazione dei diritti di cittadinanza. Per costruire questa
tematizzazione legata al welfare space gli autori utilizzano differenti
strategie di avvicinamento e di costruzione di argomentazioni a sostegno
di un rilancio costitutivo dell'idea di welfare. Queste strategie
costruiscono i presupposti, ma anche gli esiti principali del libro, al
contempo strumenti e oggetti della ricerca, concetti da mettere al
lavoro, testare, rimodellare. La prima strategia può essere chiamata
dell 'attenzione e mette in campo la capacità di osservare e selezionare
elementi rilevanti in una città apparentemente consueta, comune e
ordinaria; e forse, anche per questo motivo, meno nitida e più difficile
da codificare. L'idea è quella di considerare l’ambiente urbano
attraverso i caratteri e gli elementi responsabili della 'fatica di
abitare', ma anche capaci di costruire qualità minori e supporto
essenziale alla vita quotidiana. È una trama costituita da dotazioni
pubbliche [spazi aperti come parchi, piazze, campi sportivi; ma anche
edifici come scuole, centri sociali, biblioteche, ospedali] che
distinguono il modello di città europea e costituiscono uno degli ambiti
in cui potenzialmente si è formato e si forma uno spirito di
cittadinanza. Quella che emerge è una figura urbana che assegna
importanza non al singolo manufatto ma alla più generale urbanità, a
quei sistemi di luoghi ,potenziali deposito di pratiche relazionali e
per il benessere (sia per quello che riguarda le best practices, ma
anche lo scarso confort di molte parti della città). La strategia
dell'attenzione mette quindi l'accento anche sulla relazione tra
politiche e strutture spaziali, ne ricostruisce l'intreccio in quanto
privilegiato terreno delle geografie dell'ingiustizia e dell'agio. La
seconda strategia e quella della «manmissione››: il testo propone di
utilizzare la parola welfare e welfare space forzandola (manomettendola,
appunto). Riconsiderandola un termine denso di significati
contemporanei da rimettere a fuoco, un concetto operativo che apre nuove
chiavi interpretative per il futuro. ln qualche misura, quello che
emerge, è una nuova idea di welfare, non tanto, come comunemente intesa,
esito del fallimento dello stato moderno, termine usurato e quindi
inutilizzabile, quanto piuttosto come strumento di coesione sociale,
come elemento per costruire cittadinanza e partecipazione. Questa parola
viene quindi utilizzata come tool dal quale, pragmaticamente,
ricostruire una dimensione forte di scambio tra popolazioni e classi
basato sulla coesistenza quotidiana, sulla convivenza negli spazi
pubblici, sulla condivisione dei servizi, sulla cura e la appartenenza.
Questa dimensione relazionale se non può più essere dichiarata a priori
attraverso il richiamo alla eguaglianza (valore tipico della modernità
politica), può essere piuttosto rinsaldata e consolidata nelle pratiche e
attraverso i progetti e le politiche ordinari. La terza strategia è
quella dell’introduzione di eccipienti urbani: il progetto per una
maggiore abitabilità della città sembra poter passare per operazioni
minute, per un intervento mirato a sviluppare e rafforzare le
connessioni e le reti tra un ricco patrimonio di attrezzature e servizi
che già sono presenti sul territorio. Sono progetti che cercano di
trasformare in infrastruttura collettiva frammenti di spazio aperto,
ambiti interclusi, zone marginali, lavorando intorno al concetto di
'eccipienti urbani', di ciò che lega e tiene insieme differenti
materiali, rendendone possibile un uso più complesso. L'esito è un
intervento sulla città esistente attraverso la costruzione di spazi
urbani abitabili. confortevoli, sani e sicuri. Quello che emerge da
queste tre strategie (attenzione, manomissione, introduzione di
eccipienti) e una nuova idea di città giusta, che riporta l'attenzione
sulla rilevanza della dimensione spaziale e sulla possibilità di
garantire, attraverso la 'città costruita'. una migliore qualità sociale
diffusa. Questa spinta nasce dalla necessità di rendere virtuoso il
rapporto tra politiche di welfare e città, affinché sia anche la qualità
degli spazi il terreno su cui misurare l'efficacia delle politiche e le
qualità sociali delle pratiche. In questa prospettiva lo spazio non è
considerato come semplice supporto delle politiche, ma come elemento
costitutivo del valore dell'innovazione sociale o, di contro, della
scarsa qualità sociale. L'idea di città giusta, per gli autori, rimanda
non solo a nuove forme di intervento, ma principalmente alla
responsabilizzazione dell'urbanistica e del progetto urbano, sollecitati
a perseguire una concreta idea di giustizia spaziale, occupandosi di
quell'insieme di caratteri fisici e sociali in grado di garantire
maggiore benessere collettivo ed equità, riconoscendo agli abitanti il
'diritto' di vivere in un confortevole spazio urbano. ln definitiva, la
riabilitazione del concetto di welfare può partire, sorprendentemente,
rimettendo al centro dell'osservazione e della riflessione i luoghi e le
esperienze della città ordinaria.