Tutti quelli di cui troverete poco o nulla sul web. I mattoidi italiani
di Paolo Albani è un rigoglioso catalogo stilato nel grande opificio del
tempo perso, e opificio non è parola a caso, essendo l’autore membro
dell’Oplepo (Opificio di Letteratura Potenziale, erede dell’Oulipo) e
appassionato di anomali, eterocliti, stravaganti, folli letterari,
nonché, lui in proprio, poeta visivo e ossessionato ordinatore.
Come da un rigattiere del buon senso che fu, si assiste a un crescendo
di incursioni rapinose in ogni branca del sapere, tutta gente a cui è
mancato solo il consenso. Teorie meccaniche della circolazione del
sangue, strumenti per controllare il fluido etereo, prove dell’esistenza
dei giganti, smacchinazioni nel processo di causa-effetto o piani per
la Pace Universale Perpetua. Idee sacrosante come l’abolizione della
Chiesa Cattolica o il contratto di matrimonio che scade e si rinnova
ogni anno, soluzioni a problemi come la quadratura del cerchio, sedute
spiritiche con Nietzsche, cure per la grave malattia della Jattura, con
un effetto moltiplicativo che imita l’incontenibile sete, la coazione a
saltare a pié pari i limiti ingiusti del conosciuto, prima di tutto
quelli del sapere ufficiale. Poi alla fine, nelle bibliografie delle
opere, i prodigiosi titoli da mezza pagina insieme fantasiosi e
riguardosi delle temute terminologie accademiche.
«Idee strane e ardimentose» di autodidatti, quindi un po’ legnosi, che
si trovano avanti orizzonti talmente vasti da apparire sconsiderati. Una
sfilza di esperimenti nel senso dell’etimo, vale a dire prove o
pericoli da affrontare da parte di personaggi a volte un po’ biliosi,
che si barcamenano tra incomprensioni e orgoglio, spesso oggetto di
dileggio da parte della «cieca ostilità ufficiale», «teste riscaldate»
che fanno dell’insuccesso il motore per nuove ricerche. E si può
immaginare il piacere della scoperta casuale e solitaria del mondo nel
loro cortile. Viene in mente Münchhausen che si solleva dallo stagno
tirandosi per il codino (e si può non ricordare che Adorno metteva quel
gesto a modello del pensatore odierno?).
Albani, in questo come in altri casi, sembra catalogare il disordine
come si accumulano munizioni, si mantiene distaccato ma si sente che per
lui la loro passione è in fondo ammirevole. E questo proprio mentre si
moltiplicano studi seri sul declino repentino dell’intelligenza, e in
Italia si rileva un 50% di analfabeti di ritorno, il che porta a
chiedersi quale sia la differenza con il 50% di analfabeti d’andata, di
moda fino a sessant’anni fa. La differenza c’è, è sostanziale e ha nome
delirio. Difatti la vera novità nella situazione attuale si potrebbe
definire la scomparsa degli ignoranti: tutti credono di sapere tutto su
tutto, nessuno si avverte come ignorante che si vergogna o forse no, ma
può sentirsi spinto a esserlo un po’ meno, magari in maniera sui
generis. Con tutti i guasti che ciò comporta.