Recensioni / L'architettura è un gesto

 Dopo aver letto il libro di Pisani, si ha la sensazione che le fasi di transizione tra le opere di un filosofo siano più dei costrutti artificiali che momenti esemplari del percorso stesso di un pensatore. Senza confrontarsi direttamente con il problema della riuscita delle singole opere, ogni attività emerge nel suo valore quale contributo alla riflessione filosofica che, come Ludwig Wittgenstein scrive, è in primo luogo “un lavoro su se stessi”. Lo scopo del libro di Pisani è indagare proprio una cosiddetta fase di transizione in cui Wittgenstein tra il 1926 e il 1928 si dedica alla progettazione della casa sulla Kundmanngasse a Stonborough per la sorella Margaret. Nel 1918 Wittgenstein completa la stesura del Tractatus logico-philosophicus e ritiene di aver composto l’opera più importante della sua vita. Inizia così un periodo caratterizzato da diverse attività come insegnante e giardiniere. Considerata la seconda fase della sua filosofia che si fa risalire tradizionalmente alla composizione delle Ricerche logiche, pubblicate postume nel 1953, si viene a delineare una fase di transizione, di passaggio in cui si situa il lavoro di progettazione per la casa della sorella.
La strategia equilibrata di Pisani consiste nel considerare la casa sulla Kundmanngasse come opera di Wittgenstein alla stregua dei suoi scritti filosofici, quindi nella sua complessità di aspetti, senza ridurre la casa né a un epifenomeno né una traccia fioca della sua filosofia. La casa non è dunque considerata come una filosofia applicata (p. 13), bensì rappresenta un’architettura in cui Wittgenstein pratica e osserva il suo pensiero, mettendolo in discussione. In questa prospettiva attraverso la descrizione della casa, Pisani riesce a tracciare senza enfasi il percorso stesso del pensiero tortuoso e spesso combattuto di Wittgenstein. La fatica riposta nella progettazione della casa rispecchia quella del lavoro interiore.
I diversi aspetti della progettazione e costruzione della casa tracciano un percorso avvincente nella storia della famiglia Wittgenstein. La casa parla della storia famigliare, dell’eredità lasciata dal padre Karl, mecenate artistico e architettonico, e della volontà della sorella Margaret di emanciparsi dai gusti paterni, strettamente legati a Hoffmann e alla Wiener Werkstätte. La casa è luogo di confronto e osservazione tra i fratelli. Se pur i protagonisti della vicenda siano sicuramente Margaret quale committente e Ludwig come esecutore, la descrizione della casa spesso passa per le parole e i disegni della sorella Hermine che esprime una prospettiva interna al processo di progettazione e costruzione.
Inoltre la casa offre lo spunto per cogliere la situazione storica ed economica della Vienna degli anni venti in cui si situano le vicende della famiglia Wittgenstein. Pisani parla al riguardo di “una cultura che non è più la nostra”, ossia di una sorta di anacronismo della casa sulla Kundmanngasse, pensata come villa suburbana dallo stile colto e aristocratico che, in una bella digressione, Pisani confronta con le descrizioni de Il Gattopardo. La costruzione della casa precede di poco la crisi economica del 1929 che coinvolgerà inevitabilmente anche i Wittgenstein obbligandoli a un relativo ridimensionamento del loro stile di vita. “La casa – sottolinea Pisani – appartiene, insomma, ad una cultura abitativa che, viva e anzi assai diffusa nella Vienna fin de siécle, a metà anni venti è estinta” (p. 52). La forma anacronistica è quella del palazzo nobiliare in cui il piano principale è quello di rappresentanza, dedicato ai salotti e alle stanze private di Margaret. La scelta che accompagna la volontà di edificare un palazzo nobiliare si accompagna però a uno stile sobrio e semplice che mitiga la funzione del piano nobile.
La casa sulla Kundmanngasse vive di tutti questi elementi che si rispecchiano nelle scelte più strettamente architettoniche di Ludwig Wittgenstein e di Paul Engelmann, allievo di Adolf Loos. Engelmann segue il progetto fin dal 1925 e, per il suo carattere cordiale e remissivo, si presta a divenire un mero esecutore delle esigenze di Margaret. Il ruolo di Engelmann presenta due aspetti importanti che Pisani mette bene in luce: il costante confronto che si instaura durante la progettazione della casa tra i Wittgenstein e le posizioni di Adolf Loos da un lato e dall’altro il ruolo di adattamento e accompagnamento svolto da Ludwig Wittgenstein. Questi, pur imponendosi in breve tempo come l’autore principale della casa, si occupa in realtà solamente di elaborare un progetto definitivo a partire da quello iniziale di Engelmann, in cui confrontarsi con i dettagli, gli equilibri e l’ordine interno della casa.

L’analisi di Pisani si distingue per la precisione e pacatezza. L’autore è, infatti, molto analitico nel tracciare le differenze tra il progetto iniziale e quello approvato da Ludwig. Mantenendo l’assetto iniziale, gli adattamenti di Wittgenstein mostrano un’attenzione particolare per il piano nobile cui è assegnata la funzione principale di rappresentanza. È qui che Wittgenstein si confronta con un delicato gioco di equilibri e simmetrie. Pisani, senza enfatizzare gli aspetti architettonici, conferisce un ruolo molto importante alle simmetrie e asimmetrie del piano nobile, analizzando ogni singolo vano che, in relazione continua con gli altri, rende molto complesso il mantenimento della simmetria. In questa prospettiva Pisani riesce ad attraversare, come dall’interno, il piano nobile mostrando come la disposizione di ogni vano comporti il mutamento delle altre parti – aiutato dalle suggestive immagine d’epoca e le elaborazioni grafiche di Alessandra Dal Mos. Ed è a questo punto che, all’analisi architettonica, si accompagna la riflessione filosofica di Pisani il quale rintraccia, nelle difficoltà presentate dalla progettazione della facciata e del piano nobile, quell’intensità che Wittgenstein dedica alla riflessione sulla “regola” negli stessi anni nell’introduzione al Dizionario per le scuole elementari e nelle lezioni tenute a Cambridge tra 1930 e 1933. La contraddizione tra regole e la possibilità del loro superamento è al centro di queste riflessioni. “Uno dei tratti specifici, e a prima vista più sorprendenti, della casa che Wittgenstein progetta e realizza per la sorella è che la consapevolezza del carattere meramente convenzionale delle regole vi convive con un accanito sforzo di seguirle: uno sforzo che non si arresta dinnanzi a nulla, se non al punto – inevitabile – in cui la regola entri in conflitto con un’altra a cui sia costretta, come dire, a cedere il passo” (p. 106).
Il lavoro di progettazione della casa e la riflessione sul conflitto tra le regole sono il risultato di cura e fatica che permettono alle cose di mutare lentamente il loro aspetto. È nella lentezza dell’invenzione e dell’osservazione che, nonostante l’apparenza sobria e semplice dell’edificio, è progressivamente superato quell’ideale di purezza cristallina di una logica che non gode di uno stato puro e ideale, ma è già sempre presente nel linguaggio quotidiano dato. “Il progetto per la casa sulla Kundmanngasse abbandona a priori qualsiasi pretesa di rigore logico assoluto, ergo ideale, e le sue contraddizioni sono interne, piuttosto che dovute alla refrattarietà del mondo” (p. 134). Il carattere interno delle contraddizioni segna anche la riflessione filosofica che è un “lavoro su se stessi” in cui la grande sfida è di non fare del superamento delle contraddizioni un rigido pregiudizio. Pisani riesce a mettere in evidenza quella fragile linea di confine tra la contraddizione e il suo superamento in cui Wittgenstein sembra elaborare un metodo di coerenza e semplicità, criteri principali della progettazione della casa che prende forma nella rielaborazione e integrazione di una serie di elementi tradizionali. La casa non rappresenta dunque solamente una riflessione sulle relazioni tra regole ma anche sulla loro origine, assunzione e comprensione: “Chiarire, per Wittgenstein intento a progettare, significa assumere per ripensare. […] Il lento mutamento delle forme si tramuta, in altri termini, in un mutamento delle ‘forme di vita’” (p. 199).
Ripercorrendo gli ambienti, i dettagli della casa sulla Kundmanngasse Pisani riesce a tracciare la differenza tra un edificio meramente funzionale e un’opera di architettura, differenza che Wittgenstein paragona a quella tra un mero atto e un gesto perché, come egli scrive in Pensieri diversi, “l’architettura è un gesto. Non ogni movimento funzionale del corpo umano è un gesto. Come non è architettura ogni edificio funzionale”. Interessante sarebbe verificare quest’affermazione nella casa sulla Kundmanngasse, ripercorrendo le intenzioni di Wittgenstein e confrontandole criticamente con l’impianto architettonico dell’edificio, porre dunque in questione l’ambiente a partire dalla riflessione filosofica. Il giudizio complessivo sull’edificio, come gesto estetico e teorico, non sembra però essere l’intento del bel libro di Pisani che non pone in questione la riuscita stessa della casa sulla Kundmanngasse.