Nella Vienna di primo Novecento la presenza di Karl Kraus con la sua
rivista "Die Fackel", la Fiaccola, incendiò gli ambienti sia letterari
che politici. Kraus è uno degli autori fondamentali della modernità
novecentesca, uno dei suoi imprescindibili inventori, da accostare a
Kafka, Proust e Joyce. Satirico apocalittico e «genio mimetico» (come lo
definì Benjamin), scrittore che fu regista e attore di se stesso nelle
sue travolgenti letture teatrali, Kraus rivoluzionò la comunicazione
letteraria pur restando fondamentalmente un saggista, un critico, un
filosofo del presente: assolutamente concentrato sulla contemporaneità,
letta come storia che arriva al suo appuntamento con la catastrofe e
l'autodistruzione, culminata nella guerra 1914-1918 e più tardi nel
nazismo.
Fu il più giornalista degli scrittori e il più antigiornalista dei
giornalisti. Come Kierkegaard nell'Ottocento a Copenhagen, Kraus a
Vienna ha fin dall'inizio piena coscienza che la comunicazione pubblica
crea la realtà e ha il potere di distruggerla. Il linguaggio è perciò il
primo e il più vero campo di battaglia per chi voglia esprimere il
massimo di autocoscienza storica. Le parole e le idee dei giornali vanno
sfidate e combattute, satireggiate e fatte esplodere con l'uso di un
opposto linguaggio pubblico, quello del teatro. La scrittura di Kraus è
sempre virtualmente teatrale, è parola scritta che contiene una potenza e
potenzialità teatrale. Dalle pagine della "Fackel" al Burgtheater di
Vienna, Kraus comunica con lo stesso stile e con tutto se stesso: lui
stesso, con la sua persona, medium vivente del potere critico e di
verità del linguaggio.
Con il suo studio Karl Kraus e Shakespeare. Recitare, citare, tradurre (Quodlibet) Irene Fantappié mostra di essere oggi, appena trentenne, la
migliore studiosa italiana di Kraus. La sua scelta di concentrarsi sul
rapporto Kraus-Shakespeare non è stata una scelta limitativa, ma un modo
di puntare al cuore della vocazione e del metodo di Kraus. Il
sottotitolo del libro annuncia in copertina le tre sezioni in cui si
articola l'analisi. Benché Kraus non conoscesse l'inglese, sceglie
Shakespeare come autore guida e testo sacro, incarnazione suprema della
lingua in tutti i suoi aspetti. Del resto già nel 1902 aveva scritto che
«Shakespeare sapeva già tutto» e quindi per riattivare e rimettere in
circolo il suo profetico «sapere già tutto» dell'oggi, doveva essere
ritradotto, citato, recitato. Contro la menzogna e la «magia nera»
giornalistica, Kraus sposta Shakespeare nel contesto dell'attualità,
resuscita con la sua «magia bianca» le verità di un passato sommerso che
superano il presente.