Recensioni / Viaggio in Etiopia sul binario abbandonato, con foto e parole

La prima cosa che colpisce nella copertina sono i tre filetti che separano i nomi degli autori (Vincenzo Latronico e Armin Linke) dal titolo (Narciso nelle colonie) e dal sottotitolo (Un altro viaggio in Etiopia). Sono queste linee orizzontali molto brevi a dare il ritmo: una copertina che ha il valore di un frontespizio. Su un cartoncino vegetale da legatoria, di colore grigio, le parole sono stampate a incavo, in celeste; più piccolo, in basso, il nome dell'editore: Quodlibet Humboldt. Il marchio è sul dorso; molto bello nella compenetrazione della H e della U. Proprio il dorso è la cosa più originale di questo progetto grafico: i filetti sono posti in verticale, a separare titolo e autori, stampigliati in nero, come la spiega editoriale e la biografia degli autori nelle due ampie alette interne.
Sulla quarta l'immagine a colori è stata incollata a mano, dentro un riquadro, anche questo a incavo, secondo un procedimento tradizionale.
Il carattere usato è Amalia, di derivazione bodoniana. Il progetto della copertina, come l'interno del libro, è di «Pupìlla grafik», uno studio di Milano. Il risultato è un libro elegante, unico nel suo genere, come il contenuto del libro. Uno scrittore, Vincenzo Latronico, e un fotografo, Armin Linke, hanno attraversato l'Etiopia sulle tracce di una linea ferroviaria dismessa. Ciascuno dei due registra con i propri strumenti il viaggio. Latronico ha motivi famigliari per visitare quel paese africano - la famiglia della madre, di origini russe, ha contribuito a costruire la ferrovia, e ci ha vissuto sino al 1969.
Il suo diario di viaggio è affascinante, con un inizio problematico; si chiede: come si scrive e perché un diario di viaggio? L'obiettivo di Linke esplora con disincanto e assoluta nitidezza ciò che vede. Nessuno dei due autori è preso dall'esotismo. Latronico perché coinvolto a ritrovare le tracce dei suoi predecessori, Linke perché il suo obiettivo è aperto sul mondo con assoluta disponibilità ad accogliere la forma delle cose, ma sempre a distanza. Immersione dello scrittore e distanziamento del fotografo. Questa copertina sobria, austera, secca nella sua raffinatezza, come i filetti, racchiude un piccolo tesoro: oltre alla narrazione, un dossier sull'Etiopia contemporanea, con interventi, interviste, cartine e informazioni pratiche su alberghi e ristoranti. Una rivista, e anche un nuovo modo di fare viaggi e di raccontarli. Non è poco.