Recensioni / Avventurarsi con l'arte nella contemporaneità ubiquitaria. Il nuovo racconto critico di Antonello Tolve

Ubiquità, un elegante volume edito da Quodlibet e firmato da Antonello Tolve, è un viaggio nel mondo contemporaneo laddove «l'immissione dell'ubiquità nei circuiti informazionali della vita quotidiana (…) ha modificato il modo di pensare e di immaginare il mondo e ha disegnato una nuova iconografia estetica in cui emittente e ricevente giocano su una pianura ubiqua, le regole generali di un pulsante, prepotente e invadente»

L'arte e la critica d'arte, compagni ormai inseparabili dell'autore, solleticano una riflessione anche emotiva, estendibile dall'arte alla lettura del quotidiano. Il racconto critico, sempre intrecciato alla letteratura e alla poesia, è vivacizzato dalla presentazione di una varietà di opere significative di artisti, per lo più contemporanei (Piero Mottola, Bianco-Valente, Rosy Rox, Giuseppe Stampone, per citarne alcuni) che – al meglio – visualizzano il percorso dell'autore.
Le opere e il pensiero critico catturano l'attenzione sui grandi cambiamenti del contemporaneo: la percezione spazio-temporale; le nuove coordinate geografiche; il riposizionamento dell'artista in una prospettiva plurale inserita in un'identità collettiva e connettiva; il bisogno di recuperare un metodo interiore e la necessità di una riflessione estetica.
Queste sono le letture trasversali, gli attraversamenti del mondo moderno, con cui Tolve ci conduce alle porte del mondo ubiquitario. Da qui, ci si avventura nell'analisi di alcune di queste realtà. La VIP Art Fair istituisce un modello di fiera che elimina le mura delle gallerie per permettere l'accesso da casa con le stesse modalità di una fiera normale. Il Google Art Project crea un accesso democratico alla cultura – se pure attraverso uno schermo – e accompagna i navigatori del web all'interno delle stanze dei diciassette tra i musei più esclusivi del mondo. Anche Il Museum of Me, progetto di Intel, è preso in considerazione come esempio di finta cortina democratica che nel creare retrospettive degli utenti con i dati presi da face book svela tutta la «devalorizzazione della singolarità» (p. 60). Il museo lanciato da Adobe si rivela, invece, per tutte le potenzialità della sua natura di spazio fluido capace di «ripensare l'architettura come spazio perfetto dell'utopia – o forse come luogo dell'eterotopia» (p. 62).
Dallo zapping planetario il racconto giunge alla sua conclusione con la messa a fuoco, negli ultimi due capitoli, delle esperienze creative di Gino De Dominicis e di Giuseppe Stampone, due artisti di generazioni diverse, accomunati da una capacità visionaria che li ha proiettati in un tempo molto avanti al loro per cogliere gli aspetti salienti della dimensione ubiquitaria, ciascuno dei due rispettivamente al proprio tempo.
Ubiquità è un racconto audace che si addentra in uno zapping analitico di diverse realtà inglobate nei dispositivi ubiquitari sotto il segno comune dell' 'accessibilità'. Ed è anche un libro reattivo alla disillusione del contemporaneo e a quell' 'inquinamento immaginifico' dal quale il grande critico Gillo Dorfles ci aveva messi in guardia tanto tempo fa. Tolve ne ha fatto tesoro.