Recensioni / Florenskij, solo lo stupore conosce

Si resta a bocca aperta dopo aver letto questo breve testo di Pavel Florenskij. Anzitutto per la quanto mai opportuna distinzione tra il metodo della scienza e il metodo della filosofia. La prima «passa al setaccio la visione comune del mondo e, riservandosi una cernita assai ben delineata di suoi frammenti» dichiara inesistente il resto che è oltre i confini del proprio ambito. È talmente vero che, oggi, non è la scienza che si deve giustificare di fronte alla realtà, ma è il contrario. La seconda, invece, fa del tempo e della vita il proprio metodo; e «dire "sì" alla vita significa vivificare il pensiero». «La schiavitù della scienza consiste nel voler costruire schemi»; accecata dalle esalazioni di quanto crea e lega a sé. Paradossalmente è proprio il pensiero del filosofo ad essere sperimentale, nel senso che la realtà, così come si presenta, è un continuo interrogativo che non si lascia imbrigliare da nessuno schema. «Con una sensibilità rinnovata verso l'esistenza... la filosofia, in quanto dialettica (si potrebbe anche dire: dialogo) viene fecondata dallo stupore». Dopo le prime pagine, ecco prorompere la genialità di Florenskij: «L'apostoloTommaso che si meraviglia è la figura simbolo della filosofia». Alla base del suo spirito non e affatto lo scetticismo, bensì lo stupore, colpito dal quale egli conduce ogni cosa sino alle sue radici più profonde. Egli non dubita della Risurrezione di Cristo, ma vuole una conferma della propria fede: «A lui si deve l'attestazione da parte della Chiesa della verità della resurrezione di Cristo corporale». In forza della sua esigenza di verifica della fede. Ecco la scienza che diventa interessante per la vita.