Nell'ottocento, quando gli occidentali cominciarono a fare viaggi
esotici di piacere e a scriverne resoconti, si basavano sul
postulato che quello che percorrevano era un territorio inesplorato.
I loro libri, come II milione di Marco Polo, avevano il
fascino della rivelazione. Ancora oggi, quando andiamo lontano
cerchiamo l'autenticità e, se non l'incontaminato, almeno il locale
e il tipico. Ma oggi di ignoto c'è rimasto poco: invece è facile trovare
mappe, foto e giudizi su quasi tutto quello che possiamo incontrare
in quasi tutti i paesi. Quale spazio resta allora al racconto di
viaggio e al viaggio stesso? Forse quello di una meditazione
consapevole su cosa si sta cercando e su cosa si trova.
È quanto fanno emergere lo scrittore Vincenzo Latronico e il
fotografo Armin Linke nel primo volume della collana Quodlib et
Humboldt che ospita libri belli composti da un reportage originale,
un portfolio fotografico prodotto nella stessa occasione e alcuni
materiali di approfondimento, tra cui informazioni pratiche.
Seguendo le tracce della ferrovia Gibuti-Addis Abeba, parlano
dell'Etiopia, banco di prova del colonialismo e dell'esotismo, meta
di Rimbaud e Patti Smith, dei fascisti e dei rastafariani, punto di
partenza cruciale, tra l'altro, per capire meglio la storia italiana
e la relazione dell'ltalia con il resto del mondo.