Recensioni / Fondare città. Archelogia delle New Town

Gli anni Sessanta e Settanta hanno prodotto città che nel migliore dei casi manifestavano un eccesso di disegno, di astrazione, di determinismo sociale, di carica utopica, ma spesso erano semplicemente piatte riproduzioni di uno standard privo di qualità (i tanto deprecati casermoni).
Dagli anni Ottanta in poi, invece, la pianificazione di nuove città ha abbandonato ogni velleità egualitaria, per mettersi al servizio del mercato immobiliare. Come racconta Federico Ferrari in La seduzione populista (Quodlibet, 2013), la pianificazione viene in quegli anni subordinata al marketing, all’imperativo di «ciò che piace alla gente» – in funzione del guadagno privato, naturalmente, e non dell’interesse collettivo. Celebration, la città fondata in Florida dalla Walt Disney (detta anche Mickey Mouse Utopia), è uno dei simboli più importanti di questo cambio di paradigma: voluta da una corporation e non da un’istituzione pubblica, è un’enclave omogenea di ricchi bianchi. Sul piano estetico è una giustapposizione di case in stile che ciascun acquirente ha potuto scegliere da un catalogo (la Mediterranea, la Vittoriana, la Coloniale ecc.), mentre le regole della convivenza tra i suoi abitanti sono decise dall’immobiliare piuttosto che dalle leggi comuni. Mentre la retorica neoliberale demonizzava la pianificazione urbana, frutto del razionalismo modernista, attribuendole un’azione invariabilmente nefasta nei riguardi delle libertà individuali e del senso estetico comune, di fatto le grandi società immobiliari avocavano a sé il diritto di pianificare le città plasmandole intorno ai propri interessi, e lasciando agli individui lo spazio ristretto della scelta legata al puro consumo.
La quasi totalità delle new town sorte negli ultimi trent’anni è conforme a questo modello, peraltro non meno seriale del canone modernista – a Dubai o nei satelliti di Shanghai si trovano le medesime case in stile messicano o toscano, un vernacolo standardizzato. E, fenomeno ancora più inquietante, sono moltissime, ma la maggior parte della popolazione mondiale non ne sospetta l’esistenza. L’attenzione globale è distratta, mentre le terre si affollano di nuovi centri urbani distopici.