Federico Ferrari – architetto, urbanista, divulgatore e professore di
Storia della Città presso il Politecnico di Milano - parte da due
domande per articolare l'intero corso narrativo del saggio: che cosa
intendiamo esattamente per populismo? E quali sono le sue possibili
relazioni con l'architettura e le forme urbane?
Secondo lui il primo tema di riflessione riguarda la tendenza ad
individuare nel “modernismo” (inteso qui con accezione negativa, legata
cioè al senso mediatico e quindi retorico del termine) la causa di tutti
i mali delle metropoli e delle società contemporanee. A partire dagli
anni Sessanta infatti, il tema ha assunto una rilevanza tale da
ostacolare “la possibilità del progetto di porsi come elemento critico
rispetto alla realtà costituita”. A tal proposito, la prima parte del
libro approfondisce – analizzandoli nelle loro differenze di genere ed
entità– tre casi emblematici, nei quali “la costruzione è stata
accompagnata da una strumentalizzazione politica”: Bussy Saint George in
Francia (per la polemica contro le tecnocrazie di Stato), Celebration
negli Stati Uniti (per il dirompente ruolo delle logiche di mercato) e
Poundbury in Inghilterra (per l'importanza dell'identitarismo e del
retaggio storico).
Il nesso che lega le retoriche populiste alle forme urbane assume qui
una valenza centrale: l'architettura diventa lo strumento mediante il
quale, attraverso la persuasione, si possono raggiungere gli obiettivi
prefissati.
“Il populismo è costitutivamente una tecnica di costruzione di immagini”
afferma l'autore “...ci troviamo infatti immersi in una fase storica in
cui l'accento, nella sfera del dibattito pubblico – e dunque nella
costruzione dello spazio pubblico – si è progressivamente spostato su
istanze consensuali..”.
Questo chiarisce definitivamente cosa questo libro vuole approfondire, e
cioè il concetto di populismo urbano, non inteso nelle sue nozioni
tecniche quanto nell'aspetto teorico in cui le riflessioni prodotte in
ambiti specialistici vengano strumentalizzate da dinamiche politiche
altre (aspetto ampiamente trattato nell'ultimo corposo capitolo).
Interessante in particolare il confronto dedicato a Robert Venturi e
Denise Scott Brown in cui il dibattito critico d'architettura si mescola
ad altre discipline, with complexity and contradiction.