Recensioni / Città

La riflessione di Aldo Rossi diventa, negli anni sessanta e settanta, un punto di riferimento fondamentale per la progettazione urbanistica europea, come ribadisce anche Jacques Lucan nel suo ultimo libro, Où va la ville aujourd’hui? (La Villette, Paris 2012), richiamando l’influenza dell’architetto italiano sulla tradizione francese. È una stagione, quella che Rossi contribuisce a delineare, nella quale il territorio della città non è più considerato uno spazio fisico da colonizzare come lo era stato per molti dei protagonisti dell’architettura moderna. Territorio e città diventano piuttosto spazio di sedimentazione. Qualcosa di denso, non liscio, con un alto valore antropologico. Su questo scarto, le tesi di Rossi saranno fonte di ispirazione lungo un’intera stagione nella quale l’attenzione al costruito (anche con le declinazioni estreme, conservatrici da un lato, strutturaliste dall’altro), si pone al cuore di un progetto urbano che torna a privilegiare aspetti qualitativi e spaziali. Confliggendo con un’impostazione di diversa matrice, amministrativista, si sarebbe detto tempo addietro, per lo più disattenta agli aspetti spaziali. L’idea di ciò che potremmo definire spazio di sedimentazione rimane nel tempo e segna, almeno in Italia e in Francia, le avventure del progetto urbano negli anni ottanta e novanta e la sua ricerca di un ordine leggibile, di regole, di variazioni, di principi. Tutto si schianterà sulla “scoperta” della città diffusa negli anni novanta, ma questa è una storia diversa, con altri protagonisti. Anche solo la possibilità di ripercorrere queste direzioni, assai meno lineari di quanto possa apparire, rende importante la lettura degli scritti di Rossi. La riedizione di Quodlibet si attiene alla precedente del 1984 (Clup), di cui riproduce l’apparato iconografico e di cui aggiorna la bibliografia.