Fermate il mondo che voglio scendere, è un modo di dire. Ma Giovanni
Pnevldi è riuscito a fermarlo davvero, è sceso e ha scritto Due
fettine di salame, poesie. Un piccolo libro felicemente
inattuale, innanzitutto perché composto da poesie (come viene subito
dichiarato nel titolo curioso) e soprattutto perché in dialetto.
Sembra impossibile che nel 2013 un esordiente, un autore se non
giovanissimo certamente non vecchio (è nato nel 1977), pubblichi un
libro in dialetto. Invece eccolo qui, con tanto di bella copertina e
buon editore (Quodlibet). E non si pensi che sia un ingenuotto
venuto giù con la piena, Previdi. Lo sa benissimo che le poesie non
si vendono, e figuriamoci le poesie in dialetto: se non altro perché
di mestiere fa il libraio e non nell'ultimo dei bugigattoli ma in
un'importante libreria multipiano di Bologna, uno dei luoghi
migliori per chi voglia auscultare il polso (flebile) del mercato
editoriale italiano.
Ogni tanto alla cassa si presenta qualcuno con in mano Alda Merini,
ogni tanto tanto (ogni tanto tantissimo) qualcuno con in mano
Wislawa Szymborska, poetessa difficile da pronunciare quanto da
leggere che però usufruisce di un innegabile fascino Adelphi, e per
quanto riguarda la poesia contemporanea l'elenco è già finito.
Non potendo coltivare illusioni di classifica, evidentemente Previdi
non ha fatto che ubbidire a un'urgenza espressiva, merce rara nel
tempo delle scuole di scrittura e dei romanzi appositamente
confezionati per diventare sceneggiature. Lui è un autarchico di
cervello fino e anziché crogiolarsi nell'autosufficienza ha pensato
molto saggiamente al lettore che del dialetto di Villa Poma (Oltrepò
Mantovano) non ci capisce un'acca, anteponendo al testo originale
una versione italiana stampata bella grande, non la solita
traduzione a pié di pagina in caratteri microscopici. Un gesto
simpatico, coerente con la cordialità dei versi: sono poesie
semplici e molto narrative, quindi godibili anche dagli allergici
alla poesia (io sono fra questi). Possono ricordare il Mondo Piccolo
di Guareschi ma senza baruffe politiche, senza preti e senza
pepponi, solo con biciclette, stufe, carpe di cinque chili, pioppi
(anzi «píoppe») e cappelletti in brodo. Qualcuna mi ha fatto venire
in mente lo Zavattini dialettale, guarda caso spuntato pochi
chilometri da qui, sempre a un passo dal Po.
Qualcun'altra riecheggia Paolo Nori e Maurizio Milani, coi quali
l'autore condivide il gusto della microstoria autobiografica e ai
quali aggiunge una buona dose di dolcezza arcadica. Mentre i due
autarchici padani più conosciuti (anche ai lettori di Libero)
sviluppano la loro indipendenza in faccia a un mondo ostile o
quantomeno assurdo, nella poesia di Previdi non esistono pericoli né
veri problemi. A Villa Poma, che già si avvantaggia di un nome
bucolico, quasi da operetta, sembra non possa succedere nulla di
grave: al massimo può succedere che la cagnetta finisca sotto una
macchina ma pure questo episodio si risolve con una battuta. Altri
poeti si sarebbero prodotti in lunghi lamenti. Marco Lodoli, e cito
uno bravo, sulla morte della barboncina ci ha composto un intero,
straziante canzoniere. Queste cose Previdi non le fa, sia per
carattere sia perché il dialetto è per sua natura pratico, terragno,
un freno per eventuali sdolcinature. La Sil-via della dedica è sua
moglie e non certo una citazione leopardiana: in Due fettine di
salame se c'è una cosa che manca è il pessimismo.
È un libro in cui, nonostante le premesse campagnole e dialettali,
scarseggia pure la nostalgia. Previdi non è Pasolini, per sua e
nostra fortuna, e non ha voluto affliggerci con discorsi sulla morte
della civiltà contadina. Qui c'è il passato, ovvio, ma almeno
altrettanto presente, e fra questo e quello anziché rotture
traumatiche c'è solo il naturale trascorrere della vita. La poesia
da cui è tratto il titolo della raccolta è dedicata al nonno paterno
mancato da poco.
«Solo che ci siano / due fettine di salame, / un cornino di pane, /
e un dito di formaggio verde, / io, vado a nozze». Questa più che
poesia è filosofia, una filosofia di vita che il nipote fa propria e
completa nella pagina successiva con un appendice di soli due
versi:«Se poi dopo, / ci sono anche due o tre marasche sotto
spirito...».
Devo ringraziare Previdi per avermi deliziato con un esordio quasi
miracoloso siccome del tutto esente da risvolti sociali, lagne sul
precariato, infanzie violate e gravi malattie, l'abituale cupo
repertorio dell'autor giovane. Mi ha fatto venire voglia di marasche
sotto spirito, e di essere contento.