Fotografo tra i più celebrati e originali degli ultimi decenni, grazie a una ridefinizione efficacissima di alcuni elementi formali, in primis attraverso l'utilizzo di light box retroilluminati di grandi dimensioni, Jeff Wall è anche artista dagli interessi ben più ampi [nei primi anni di attività è stato fondamentalmente legato all'arte concettuale] e teorico e saggista di notevole profondità. Fa bene quindi Quodlibet, all'interno della collana Abitare, a raccogliere - con la curatela di Stefano Graziani - alcuni suoi scritti e interventi su arte, architettura e fotografia. Divise tra una prima parte dedicata alla riflessione sulla creazione fotografica e una seconda che raccoglie scritti su altre figure artistiche (da Roy Arden al giapponese On Kawara, da Dan Graham a Manet), queste pagine non solo affrontano con acutezza problemi di carattere espressivo e formale, ma svelano anche quale interessantissimo lavorio teorico abbia portato Wall a superare la funzione di “documentazione” dell'immagine per arrivare a creare dei veri e propri set - il ruolo del cinema non è secondario in questo percorso - in cui ogni dettaglio è costruito e lavorato anche in postproduzione. Centrale in questa riflessione è certamente la questione del “realismo” e della rappresentazione [con la sua negazione], ma la finezza delle analisi di Wall rende le pagine del libro una continua fonte di spunti e rimandi utilissimi anche a chi non sia necessariamente interessato solo al lavoro dell'artista canadese.