La mania del collezionismo riguarda gli oggetti più disparati, i
patrizi romani collezionavano antichità greche (anche false), se si
consultano i cataloghi di Christie's si legge di aste in cui si vendono a
colpi di milioni un paio di calzini appartenuti al duca di Windsor, ad
andare per mercatini si scoprono appassionati che cercano tessere
telefoniche, oggettistica massonica, cartoline, adesivi, vecchi
miniassegni, chiavi, bottiglie di Coca Cola, lamette da barba, diplomi,
"mignonnettes", incarti di frutta, bustine di zucchero.
E' ovvio che si sfiora così la mania, mentre d'altra pasta è il
collezionismo di libri antichi, che può comprendere opere carissime del
XV secolo o prime edizioni del Novecento, accessibilissime. C'è un
genere editoriale che si chiama "books on books" e cioè "libri sui
libri". Nell'Ottocento eccellevano in questo genere i francesi, e
pensiamo a bibliofili come Nodier, ma dal Novecento il genere ha avuto
una fioritura singolare nei paesi anglosassoni. Certo moltissimi libri
parlano di altri libri, come accade per le storie della letteratura, ma
il genere di "libri sui libri" si riferisce alla storia e al
collezionismo librario, e può riguardare ricerche assai "di nicchia"
come uno studio sulle dediche o le prefazioni ai libri del Seicento.
Per avere una idea di quanti libri sui libri circolino anche in Italia,
basta consultare il catalogo della benemerita (e periclitante, ahimé)
editrice Sylvestre Bonnard (dal nome di un bibliofilo immaginato da
Anatole France), ideata e diretta da Vittorio di Giuro; e ne se veda il
catalogo (www.edizionibonnard.it), che contempla più di 120 titoli, che
spaziano dallo studio di Grafton sulla nota a pié di pagina a una storia
della rilegatura di Petrucci Nardelli – compresi i gialli di Hans
Tuzzi, non solo autore di un fondamentale Collezionare libri antichi,
rari, di pregio ma anche inventore di indagini poliziesche che
coinvolgono spesso il mondo dei librai antiquari.
Negli ultimi tempi mi è parso di notare, almeno da noi, una particolare
reviviscenza di questo genere. Tra il 2012 e il 2013 sono apparsi
"Collezionismo librario e biblioteche d'autore. Viaggio negli archivi
culturali" (Quaderni di Apice 5) e "Lo scaffale infinito" (Ponte alle
Grazie) di Andrea Kerbaker, con una serie di medaglioni di bibliofili da
Petrarca a Borges, passando per il cardinal Mazarino, Madame de
Pompadour o Monaldo Leopardi. Recentissimo, "Per hobby e per passione"
di Giulietta Rovera (Manni) che non si limita ai raccoglitori di
incunaboli, ma spazia, come recita il sottotitolo, «dai fanatici di
Barbie ai ladri di manoscritti, dai cultori del sesso ai collezionisti
di farfalle». Il collezionismo librario può riguardare anche le opere di
cosiddetti "mattoidi", forse più introvabili della prima edizione della
"Gerusalemme liberata", e proprio mesi fa Paolo Albani (raccoglitore di
teratologie varie) aveva pubblicato per le edizioni Quodlibet I
mattoidi italiani, nazionalizzando un genere che aveva già dato in
Francia la serie dei "folli letterari" di Brunet, Nodier, Queneau e
Blavier.
Perché tanto interesse per la collezione di libri proprio nel momento in
cui ogni giornalista è pronto a dare la vita per poter intervistare
qualcuno che affermi che il libro cartaceo è finito e sarà sostituito
dai libri elettronici? La prima risposta è: proprio per questo, perché è
nel momento in cui un oggetto scompare dal mercato che si comincia a
collezionarne gli esemplari superstiti. Ma mi sembra risposta
limitativa, perché il collezionismo librario fioriva quando di libri a
stampa ne uscivano di continuo. La risposta più convincente è forse che,
di fronte alla minaccia, sia pure stoltamente apocalittica, della
scomparsa del libro si risveglia e fiorisce l'amore per questo oggetto
magico che ci ha accompagnato anche prima dell'invenzione della stampa, e
proprio il brivido che ci coglie all'idea che questi oggetti scompaiano
ci porta a parlare di quelli che hanno provato di poter sopravvivere
più di cinquecento anni.