“Arrivarono a un monte di nome Teche. Quando i primi fra i greci
raggiunsero la cima, e da lì videro il mare, esplosero in grida
immense”. È passato quasi un anno dalla primavera del 401 a.C., quando
diecimila mercenari greci hanno deciso di seguire Ciro il Giovane,
principe persiano divorato dal sogno di spodestare il fratello
Artaserse, e sono partiti da Sardi, nell’odierna Turchia poco lontano da
Smirne, oggi Izmir. Hanno seguito Ciro in quella “spedizione verso
l’interno” che è il significato letterale del greco “Anabasi”, titolo di
una delle opere più note dell’antichità.
L’autore, Senofonte, è tra quei diecimila. E le sue memorie – narrate in
terza persona, come sanno tutti i ginnasiali che hanno sudato sul testo
– non si esauriscono affatto nel cammino verso l’interno, un percorso
che ci lascia allibiti ancora oggi (l’intera Turchia meridionale, un
taglio attraverso la Siria, l’Iraq fino a Cunassa, a nord di Bagdad,
dove Ciro perde la vita); esse si estendono ben oltre e anzi assumono il
carattere dell’epos proprio quando raccontano il ritorno dall’interno,
ossia la marcia in cui i diecimila diminuirono progressivamente di
numero affrontando popoli ostili, fame, fatica, neve e gelo, in un
cammino che attraversò (sempre guardando a una mappa dei nostri giorni):
l’Iraq da sud a nord, la Turchia, sconfinando in Armenia e Georgia, per
tornare in Turchia e giungere finalmente al mare, a Trebisonda, allora
Trapezunte. Ossia il mare sognato e sospirato, che fece esplodere i
greci in quelle “grida immense” sul monte Teche. Eppure le parole di
Senofonte che ho citato in apertura sono state spesso cancellate dalle
recenti edizioni per mantenere il senso della moderna suspence e non
rovinare la sorpresa del celebre “Thalassa! Thalassa!” “Mare! Mare!” che
compare una pagina più tardi.
Non compie questo errore Dino Baldi nella sua magnifica traduzione
dell’Anabasi. Sa bene, lo studioso, già autore di Morti favolose degli
antichi, che agli antichi non interessava affatto la sorpresa come noi
la intendiamo oggi perché per loro sorprendere significava semmai
trasportare il lettore in un’altra dimensione, accompagnarlo a vivere in
prima persona le emozioni dei protagonisti. Ma questa non è che una
notazione paradigmatica dell’importanza di La spedizione verso l’interno
(Anabasi) (Quodlibet, pp. 451, euro 16,50), vera perla per chi volesse
riscoprire un libro che è a metà fra resoconto di viaggio e opera
storica, romanzo di avventura e trattato di politica e tecnica militare,
fra biografia e memoir.
Insomma un libro anfibio, come piacciono ai giorni nostri. Che in questa
edizione viene spiegato con semplicità e scienza, corredato dalle note
necessarie, con una cartina dettagliata per seguire il lungo percorso, e
ulteriori testi antichi che raccontano la vita dell’autore e le altre
versioni dell’impresa.