Antologizzare misconosciuti autori di teorie eccentriche nei vari campi
del sapere era il sogno dello scrittore francese Raymond Queneau già
dagli anni trenta del secolo scorso. Nel mondo francofono, quest’idea –
che Queneau aveva solamente abbozzato nel romanzo Les Enfants du Limon –
è stata portata a temine in modo enciclopedico dall’allievo André
Blavier nell’edizione definitiva di Les fous littéraires (2000). Ora,
con I mattoidi italiani, Paolo Albani include al repertorio il genio
italico e ci presenta settanta autori nazionali con idee stravaganti,
suddivisi in categorie che comprendono astronomia e fisica alternativa,
invenzioni e teorie sulla quadratura del cerchio. Non mancano neppure i
profeti e gli ideatori di nuove religioni, i creatori di lingue
universali, i filosofi, gli idealisti fuori dalle righe, e chi ha messo
su carta idee bislacche su argomenti medici, biologici, psicologici,
sessuali e altro ancora.
Ad esempio, in Legge del sistema planetario (1902), il capitano di lungo
corso Giuseppe Borredon nega la gravitazione universale di Newton e usa
nozioni di ingegneria meccanica, elettricità, magnetismo e i concetti
di caldo e freddo per spiegare i movimenti astronomici. Anche Giuseppe
Casazza contrasta in un libro del 1883 la teoria newtoniana, affermando
che i corpi non tendono al centro ma a una «posizione speciale» a loro
naturale (Casazza è anche autore di Il teorema del parallelogrammo
dimostrato falso). In La Terra non gira intorno al Sole (1952), invece,
Silvio Corradi cerca di smontare l’astronomia copernicana, sostenendo
che la Terra non ruota «intorno» al Sole ma «davanti a esso» e
costruisce un planetario meccanico per dimostrarlo.
Sempre in campo astronomico, Michele Giordano delinea nelle Lettere
cosmologiche (1872-75) una cosmologia di tipo industriale, capace di
risolvere anche questioni scientifiche, sociali, politiche, religiose,
morali e altro ancora. Non mancano poi gli autori che denunciano gli
«errori di Einstein»; vedono nei resti fossili di grossi animali la
prova dell’esistenza dei giganti; propongono corsi su come acquisire una
«personalità magnetica»; o spiegano la telepatia in termini di
«telefonia umana». Tra essi, qualcuno ha individuato le placche cutanee
da cui partono le onde celebrali, mentre altri sostengono teorie
vitalistiche, oppure abbozzano una «nuova teoria della creazione secondo
la scienza spiritica».
Albani è uno specialista nella classificazione delle eccentricità: è
stato coautore di un’interessante enciclopedia delle scienze bizzarre e
sempre per Quodlibet ha curato un Dizionario degli istituti anomali nel
mondo. Per i mattoidi italiani egli saggiamente adotta lo sguardo
distaccato dell’antropologo: selezionando gli autori e presentandoli in
ordine alfabetico senza irriderli o considerarli con supponenza o
commiserazione.
Oltre a essere di piacevole lettura, il libro suscita qualche
riflessione. Innanzitutto è importante capire che cosa si intenda con il
termine “mattoide”, usato anche da Carlo Dossi nello scintillante I
mattoidi al primo concorso pel monumento a Vittorio Emanuele II del
1884. Dossi dedicò il suo volumetto a Cesare Lombroso: il medico e
alienista, creatore della pseudoscientifica antropologia criminale, che
riteneva i mattoidi personalità al confine tra salute mentale e follia
(al pari dei geni) le quali, rispetto agli alienati, conducevano vite
apparentemente normali, se si escludeva un po’ di pedanteria. I mattoidi
si dedicavano ad argomenti estranei al loro campo di competenze e
procedevano servendosi di analogie, giochi di parole e immagini
fantasiose. A queste caratteristiche si deve aggiungere che spesso il
“mattoide letterario” pubblica a proprie spese, talvolta mostra una
tendenza al profetismo, è un isolato senza maestri né discepoli, ed è
anche conservatore, nel senso che propugna dottrine che guardano al
passato rispetto alle idee correnti.
Per la singolarità della sua opera, normalmente il mattoide non consegue
risultati pratici e rimane sconosciuto a tutti, abitando un mondo
alternativo a quello “ufficiale”. Tipicamente, le sue idee – per quanto
strampalate – mirano a costruire teorie di buon senso e a descrivere il
mondo in modo più intuitivo e comprensibile.
Esaminando i testi raccolti da Albani si intuisce come la complessità
scientifica (e in generale quella del mondo in cui viviamo) sia
percepita con disagio da una parte della popolazione che “intende
capire”. Negli autori irregolari tutto questo si traduce in una
tangibile amarezza e in un senso di ingiustizia che spesso trapela
dietro l’entusiasmo e l’ostinazione di persone che, erroneamente,
ritengono di essere nel giusto. Per ovviare a questo, se sarà mai
possibile, il lavoro della divulgazione è ancora arduo e impegnativo.