Recensioni / Gestus. Scritti sull'arte e la fotografia. Un libro di Jeff Wall

In cosa consiste esattamente l’atto artistico? Le posizioni in merito sono numerose e senza dubbio tutte rispettabili. Solamente su una, però, ci sentiamo di dover disquisire con una certa attenzione: quella secondo la quale l’azione dell’artista debba limitarsi esclusivamente all’atto concreto, al fare, senza porsi e porre domande; senza, in sostanza, produrre idee e, soprattutto, senza ragionare approfonditamente sulle modalità espressive di altri autori. Quest’ultima “identificazione” dell’agire creativo appare senza dubbio limitante e miope e obbliga gli artisti a divenire semplicemente strumento di una catena di montaggio, gestita (oltretutto) da altri. E poi ci si lamenta del sistema del mercato dell’arte…
Eppure, esistono diversi casi che sfuggono a questa logica. Uno di questi è eclatante ed è quello relativo a Jeff Wall, autore canadese (tra i più quotati nel mercato internazionale) che da molti anni continua un lavoro di estremo interesse in campo fotografico.
Wall, infatti, non è solo un creatore di immagini, un “produttore” di opere da collocare in musei e gallerie (e poi da vendere), è anche un generatore di idee e riflessioni sull’arte, la fotografia, il video e il cinema. Si tratta, dunque, di un autore che riflette non solo sui concetti alla base del suo percorso estetico ma anche su quelli di suoi autorevoli colleghi. La sua azione intellettuale possiede quello che potrebbe essere definito uno spirito critico ed è contraddistinta da un’attitudine allo studio dei movimenti artistici a lui contemporanei (e non solo) che finisce per alimentare in modo positivo la sua stessa vena creativa.
A dimostrazione di ciò, basta leggere il libro intitolato Gestus – Scritti sull’arte e la fotografia, pubblicato nel 2013 da Quodlibet. Si tratta di un volume nel quale sono raccolti dei testi critici redatti da Jeff Wall nel corso degli anni e che mettono in luce la capacità del fotografo canadese di analizzare in profondità alcuni fenomeni significativi che legano la fotografia ad altre forme d’arte e ad altri dispositivi.
In particolare, siamo rimasti colpiti dalla lucidità che abbiamo potuto riscontrare nei passaggi nei quali Wall si sofferma sui rapporti strettissimi, e quasi mai adeguatamente evidenziati, tra cinema e fotografia. Facciamo riferimento al capitolo intitolato Sistemi di Riferimento, nel quale l’autore di Vancouver effettua alcune valutazioni teoriche di assoluta lucidità e importanza come la seguente: “(…) Questa riflessione mi indusse a concentrarmi sul fatto che le tecniche usualmente identificate con il film, sono in effetti semplicemente tecniche fotografiche, e sono dunque accessibili, almeno tecnicamente, a qualsiasi fotografo”.
Ebbene, quella che potrà sembrare un’ovvietà a chiunque si occupi intensamente della relazione tra fotografia e cinematografia, non lo è per una discreta parte degli autori visivi contemporanei, i quali potrebbero senza dubbio trarre fonte di ispirazione dalla consapevolezza raggiunta dallo stesso Jeff Wall. Proprio partendo dalla frase sopra scritta è, infatti, possibile comprendere a pieno la natura estetica, linguistica ed espressiva del lavoro di Wall che, senza ombra di dubbio, può essere considerato tra i maggiori fotografi viventi e tra i più significativi generatori di pseudo-allievi a livello internazionale.
Gestus è una raccolta di saggi che permette di comprendere a pieno quale sia l’humus teorico nel quale affondano le radici di una produzione autoriale che nel corso degli anni si è sempre evoluta e che appare difficilmente catalogabile. Il libro contiene anche un corposo e acuto studio critico sulla figura dell’artista americano Dan Graham, autore perfettamente in linea con la concezione walliana del lavoro artistico visuale, già attivo da oltre quaranta anni in un territorio meticcio (a livello linguistico) nel quale spazia indistintamente tra cinema e video.
Proprio questo saggio mette in evidenza la straordinaria apertura mentale di Jeff Wall, il quale non si limita ad alimentare la propria immagine artistica ma, cambiando punto di vista (e ciò sarebbe salutare per molti), decide di mettere a disposizione (di tutti) la sua capacità di analisi teorica per veicolare e divulgare, al di là della frustrante idea della competizione così radicata nella società di oggi, l’opera di un altro grande autore.