Recensioni / Il genio naturale di Gilles Clément

Premesso che «il giardino non si insegna. È lui l’insegnante», come esordisce Gilles Clément nella lezione introduttiva del corso 2011-‘12 presso la cattedra di Creazione artistica al Collège de France: Giardino, paesaggio e genio naturale (ora in italiano per Quodlibet, pp. 65, € 8,50), è una vera e propria pedagogia del “progetto di paesaggio” quella che questo poliedrico intellettuale, sostenitore di un proposito politico di «ecologia umanista», porta avanti da anni traducendo nell’insegnamento e nella divulgazione, in una multiforme pubblicistica di successo le sue sperimentazioni e le sue pratiche di realizzazione di giardini, sempre più «di resistenza». Un pensiero e un agire che proprio per la mutua interrelazione, per il loro farsi partito preso ma con un incedere sempre in movimento, hanno costituito uno spartiacque difficile da ignorare nella riflessione sul ruolo del giardino di oggi. E ancor più di quello di domani. L’invito provocatorio a pensare un giardino per come sarà nel suo divenire da qui a qualche decennio dice dello sforzo immaginativo di tale pedagogia. Che muove dall’incalzante presa di coscienza della finitezza ecologica della Terra: come un giardino planetario chiuso nei confini della biosfera, dalle risorse limitate e dove ogni elemento è connesso in una logica di condivisione e collaborazione.
Sbalzato via con l’avvento del pensiero ecologico dalla centralità dominatrice che gli riservano tante cosmogonie (almeno occidentali), l’uomo giardiniere deve allora accordarsi al concerto di relazioni e scambi tra viventi in cui si scopre immerso, porsi in ascolto, imparare a conoscere i meccanismi regolativi di adattamento messi in campo dal “genio naturale”, ispirarsi ad essi. Dove tutto comunica, dalle radici alle foglie, in un’economia di scambio di segnali, occorre «fare quanto più con, e quanto meno contro le energie in gioco in un luogo determinato». Così si modifica nell’indicazione di Clément l’idea di “meglio”, la visione del mondo da sempre racchiusa nel giardino. Una volta ridisposti gli strumenti concettuali elaborati negli anni dall’autore, la ragion stessa di un approccio “ecologista” che nel progetto di paesaggio privilegia la dimensione biologica, del “genio naturale”, comporta nell’artificio che comunque resta il giardino interazioni e riflessi di ordine estetico, sociale, culturale. Dal ruolo dell’arte nell’intersezione tra composizione formale e biologica (con interventi che, accompagnando e rendendo visibili le invenzioni della natura, si limitino ai limiti, o al saper considerare il momento opportuno che ci insegnano le sementi in dormienza), al valore conoscitivo delle diverse leggi della classificazione (fino a riconoscere e nominare … quel che ancora non si comprende), alle considerazioni sul paesaggio come riflesso di un modello anche economico e quindi alla ricerca di nuovi modelli (e di nuovi economisti sognatori), atomizzati, in equilibrio su base locale, ispirati alle naturali capacità di autogestirsi del genio, alla riconsiderazione del ruolo giocato nel progetto dalle molte cosmologie (dall’analisi comparativa del paesaggio memoriale, ai corto circuito dell’immaginario alle prese finanche col Gargantua generatore di paesaggi) … Una serie di interrogativi e piste di ricerca che, se vengono già qui ad arricchire la lezione introduttiva, con altro passo e respiro tornano ad animare le otto tappe del corso vero e proprio: lezioni costruite per immagini che rinviano a esperienze realizzate, di progettazione, di viaggio, e che pure, assieme ad un seminario di corredo, si possono condividere nei filmati disponibili sul sito del Collège de France.