Il Crystal Palace è una metafora derivata da studi sloterdijkiani che
l’autore utilizzata per descrivere quelle pratiche del progetto
urbanistico che negli ultimi venti anni si sono definite prevalentemente
entro un ambito operativo e concettuale di tipo liberista. La
“ricostruzione” di questo edificio simbolico è l’immagine che l’autore
utilizza per definire i contorni e gli ambiti di un diversa forma di
progetto per la città, per ripensare oggi il rapporto tra spazio urbano e
forme contemporanee dell’abitare.
Attraverso il ricorso ad alcuni concetti come lo “spazio-serra” di Peter
Sloterdijk e lo “smog culturale” di Boris Groys, si mette in evidenza
come il progetto urbanistico liberista, nelle sue diverse declinazioni,
tenda a leggere la città e il territorio come uno spazio di consumo
sovracontrollato e corrisponda alla definizione di forme di controllo
sociale e ricerca di trasparenza spaziale di tipo implicitamente
panottico, in quanto ricercate attraverso operatori apparentemente
neutri o anti-moderni, propri del discorso culturale, quali valori,
identità, patrimonio o attraverso di strategie di induzione al consumo
(il “godimento come fattore politico” di Slavoj Zizek). Con quest’ultima
locuzione ci si riferisce in particolare ad alcune declinazioni del
progetto urbanistico dove trovano rilevanza i discorsi legati alla
definizione di spazi urbani come iper-paesaggi, come palinsesti e luoghi
estetizzati per il solo godimento e consumo di immagini.
Nonostante il successo e la legittimità di cui ancora oggi godono le
differenti declinazioni di questo modo di pensare il progetto per la
città, quello a cui si assiste, almeno in ambito europeo, è una
crescente diffusione di pratiche di esclusione sociale, un progressivo
accentuarsi delle disuguaglianze spaziali, l’acquisizione di una
dimensione sempre più faticosa ed ostile dello spazio aperto urbano che
si presenta sempre più appropriato, banalizzato e privo di prestazioni,
nonostante la centralità che questo ha avuto nei processi di
trasformazione recenti. A partire dal riconoscimento di queste
condizioni l’autore propone di avviare una riflessione attorno alcune
strategie e ambiti del progetto capaci di esprimere una posizione
critica verso le forme del progetto liberista per la città, calandole
entro un campo concettuale definito dai termini crisi e resistenza,
accoppiamento concettuale che rimanda a riflessioni di matrice tafuriana
e snozziana.