Recensioni / Lungo il fiume in cerca dell'ultima risposta

«Un mattino, preso dal desiderio di fare una passeggiata, mi misi il cappello in testa, lasciai il mio scrittoioo stanza degli spiriti,e discesi in fretta le scale, diretto in strada». È l'attacco de La passeggiata, racconto del 1919 di Robert Walser, e resoconto di osservazioni minime e incontri casuali, che a dispetto della sua programmatica minutezza, ha irradiato una potentissima influenza su generazioni di scrittori. Tra questi dev'esserci senza dubbio, e non solo perché Walser viene citato nelle pagine finali del libro, Paolo Morelli, che da qualche settimana ha pubblicato con Quodlibet Racconto del fiume Sangro.
«Nella primavera dell'anno scorso ho finalmente messo in pratica un'idea che avevo da anni: contemplare l'acqua, e in particolare quella di un fiume, e ancora più in particolare quella del fiume Sangro, seguendo per giorni il suo corso a piedi, passo dopo passo». È, invece, il promettente inizio di questo racconto, che si propone di descrivere l'indescrivibile: quello che abbiamo sotto gli occhi ma non vediamo più, e farlo forzando a tutti i costi le barriere della civiltà - autostrade, terrapieni, ponti - che ostacolano l'attività tanto ovvia quanto primitiva di seguire il corso di un fiume. Se in Walser il racconto della passeggiata è messo in piedi con più decisione sul terreno della costruzione narrativa, la cronaca di Morelli è caratterizzata da maggiore ambiguità: viene da pensare che la voce narrante non sia personaggio, e fin da subito il lettore viene informato dell'intenzione dell'autore di trasformare l'osservazione in una descrizione "senza fronzoli", vale a dire in una cronaca minuziosa del fiume, dell'acqua che gli scorre dentro e di ciò che gli sta intorno, liberandosi dei più elementari principi della narrazione. Per questo motivo, Racconto del fiume Sangro richiama una sfida impossibile, una specie di utopia sul piano letterario: arrivare all'essenza nuda e cruda della scrittura, sorvegliando con rigore monacale i rischi di trasformarla in fabula. Oltre a Walser, vengono in mente Gianni Celati e i suoi diari di peregrinazioni sul Po raccolti in Verso le foce. Ma viene anche da pensare ad Autonauti sulla cosmopista di Julio Cortázar, il reportage di esplorazioni autostradali dello scrittore argentino, realizzato insieme alla moglie Carol Dunlop su un caravan Volkswagen. Anche in quel caso un progetto letterario nato con limiti molto precisi - percorrere il tratto Parigi-Marsiglia senza mai uscire dall'autostrada, fermandosi ogni giorno alla prima area di sosta - che si proponeva di cogliere l'invisibile attraverso la lentezza.
Ma è possibile raccontare manifestando così tanta sfiducia nel racconto? Libri come Racconto del fiume Sangro lasciano la domanda senza risposta. Di sicuro racchiudono un fascino misterioso ma chiedono al lettore una fiducia enorme, forse illimitata.