Poetessa, scrittrice, ma anche giornalista. È questa la lngeborg Bachmann che è possibile ora apprezzare in versione italiana (Quel che ho visto e udito a Roma,
Quodlibet, pp. 124, euro 11). Sono 42 gli articoli che l'austriaca ha
scritto tra il 1954 e il 1955 daII'Urbe, dove si era trasferita nel '53
(e dove sarebbe morta vent'anni dopo), per Radio Brema e per il WestdeutscheAllgemeine Zeitung.
ll suo non è stato un viaggio sentimentale o di formazione. Tutt'altro.
Ha informato i suoi connazionali sulla Fiat Popolanre S 600, una berlina
«dalla linea slanciata», ma «molto meno potente della Volkswagen». Ha
raccontato le novità politiche e i dibattiti parlamentari, ma anche
alcuni casi di efferati crimini, le vere o presunti volontà
rivoluzionarie dei comunisti italiani, gli intrighi mafiosi, le manovre
dei «signorotti di sinistra». Lo sguardo della Bachmann su una Roma
attraversata da un «Tevere che non è bello» è impietoso: «Ho visto a
Campo de' Fiori che Giordana Bruno continua a essere bruciato. Ogni
sabato, quando la puzza di pesce, cloro e frutta marcita va
disperdendosi sulla piazza, gli uomini raccolgono sono i suoi occhi i
rifiuti che sono rimasti dopn che di tutto è stato fatto mercato, e danno
fuoco al mucchio. Di nuovo si leva il fumo, e le fiamme mulinano
nell'aria».