Recensioni / Agenti autonomi e sistemi multiagente

Sovrapponi una coreografia silenziosa e invisibile a un esterno già composto. Assicura dei binocoli a un luogo. Fai un elenco di impressioni d’africa. Prova conoscere i misteri dei trattati segreti dietro la linea del cambiamento di data (International Date Line). Trova l’accesso e la dipartita da una situazione anatomica. Cerca la prensilità del corpo a partire dall’appoggio. Crea un ambiente domestico in cui la corporeità ignora le leggi ergonomiche. Inventa nuove traiettorie per l’incontro. Progetta un luogo abbandonato dall’evento sapendo che il lontano è vicino a qualcos’altro. Tendi a un rituale antieconomico, dal vuoto. Non generare senso, non lasciare mai eco. Realizza un galateo, una piccola danza dell’erranza. Costruisci una casa nella savana con soli materiali di risulta in massimo cinque dieci minuti. La vicinanza tra i corpi deve rimanere una costante, ma la qualità corporea da cercare è quella di un’incessante e ripetuta mobilità decisionale.
Queste sono solo alcune delle istruzioni estratte da Agenti autonomi e sistemi multiagente (Quodlibet 2012) un libro d’artista che nasce come 'sussidiario', nel senso antico del termine, un libro di testo consegnato ai partecipanti di Accademie Eventuali, un seminario aperto a giovani artisti selezionati da diverse Accademie di Belle Arti italiane. L’evento si è svolto in settembre, nel Museo della Storia di Bologna, prodotto da Fondazione Carisbo e Fondazione Furla in collaborazione con Xing e MAMbo. Gli autori sono Michele Di Stefano (coreografo) e Margherita Morgantin (artista visiva) entrambi profondi e sottili indagatori di spaesamenti logistici tra parole e corpi. Ma il quaderno dei due artisti  si emancipa dall’evento a cui ha dato corpo perché l’istruzione è una forma dell’esercizio e genera una fitta trama di luoghi in cui addestrare, anche teoricamente, modi dello stare. Agenti autonomi e sistemi multiagente – oltre che inaugurare nuovi varchi alla scrittura sulla performatività sempre troppo piegata allo spettacolo - diviene così un inconsueto e misterioso trattatello di geopolitica, una guida, corredata da apparato iconografico, al condizionamento fisico. I riferimenti sono raffinati ed enigmatici come le vedute esotiche di Raymond Roussel, un autore che plana lieve nelle maglie del libretto. Si indaga il processo abitativo. La casa è il luogo più esposto alle intemperie, ma può ingaggiare una lotta al monsone. Ogni spostamento è uno sfiatamento di pressione. Così l’aggancio di fase non è solo un’istruzione per svolgere un esercizio di gruppo che produce performance, ma laboratorio possibile di una quasi utopica relazione di convivenza in cui la catena di azioni genera - per procedura interna ai corpi - un’unanimità o umanità sincronica. Il corpo è pluviale, stato febbrile e liquidità senza confini, e può sparire senza lasciare deserto attorno a sé. Sarà possibile creare ciclicamente dei paesaggi senza umani, un mondo isolato di oggetti e cose abbandonati? “I sei i lati del mondo è un’espressione persiana usata a cogliere in un colpo solo l’insieme di tutte le localizzazioni spaziali raggiungibili”. Così cominciava uno splendido libro di Giorgio Raimondo Cardona sull’orientamento umano e sull’intuizione linguistica dello spazio. Può la danza raggiungere i sei lati del mondo?