Recensioni / Architettura in coppia. A Como l'ebreo liberal Eisenman s'identifica col fascista Terragni (ma solo per un giorno)

Cosa può spingere im uomo come Peter Eisenman, vincitore del Leone d'oro all'ultima Biennale di Architettura, ebreo liberal newyorkese che ha studiato e insegna nelle migliori università americane ed europee, a identificarsi, con un architetto fascista comasco, morto nel 1943, come Giuseppe Terragni? Chi domenica sera riuscirà a entrare nella ex casa del fascio di Como, capolavoro razionalista di Terragni ridotta oggi a mesta sede della Guardia di Finanza, potrà finalmente ascoltare la lectio magistralis di Eisenman che dovrebbe chiudere la questione così come le celebrazioni del primo centenario dalla nascita di Terragni. Nel corso di quest'anno Si Sono recati a Como per rendere omaggio a Terragni una serie eterogenea di conferenzieri, da star come Daniel Libeskind e Dan Graham, a critici in disarmo come Paolo Portoghesi, a evergreen come Gillo Dorfles ed Ettore Sottsass finoa Massimo Cacciari, tutti riuniti nel culto postumo di un architetto morto troppo giovane (39enne, come Leopardi), estremamente dotato ma anche estremamente fascista. In un paese come il nostro in cui ancora si discute animatamente di attualità dell'antifascismo - vedi Sergio Luzzato - in effetti colpisce come al culto di Terragni si siano convertiti un po' tutti sin dal primo Dopoguerra quando Bruno Zevi, antifascista azionista appena rientrato dagli Usa, si precipitò a Como per fugare le ipotesi di demolizione che allora circolavano tra i politici italiani che non potevano non vedere nella casa del fascio la massima icona indigena del passato regime. Zevi però, da storico operativo e militante quale era, provò a riscattare ii profilo ideologico impresentabile di Terragni, vicino al fascismo rivoluzionario e di sinistra cioè quello più fascista di tutti, scrivendo che la sua era un'architettura intrinsecamente antifascista e democratica perché aliena alla retorica imperiale del regime degli aecademici d'Italia Piacentini, Bazzani e Brasini; questa versione rimase in auge finché la scuola veneziana di critica dell'ideologia di Manfredo Tafuri, lo stesso Cacciari e Giorgio Ciucci già nei primi anni Settanta dimostrarono, documenti alla mano, come Terragni abbinasse invece fascismo e architettura moderna e razionale.


Una folgorazione lunga quarantatré anni
Tutto questo perà ha toccato solo tangenzialmente Eisenman, rimasto semplicemente folgorato nell'estate del 1961 dall'assolutezza della casa del fascio: il libro che ne ha scritto ("Giuseppe Terragni: trasformazioni, scomposizioni, critiche", in uscita da Quodlibet a gennaio) e che verrà presentato in anteprima domani a Como, è il frutto di un lavoro durato la bellezza di 43 anni. Da sempre Eisenman alimenta la sua prassi architettonica coltivando, a fasi alterne, passioni che dalla sovrapposizione arrivano fino all'identificazione con altri progettisti con l'unico scopo di compiere letture analitiche di testi critici architettonici, come la casa del fascio o la casa Giuliani Frigerio di Terragni: il bello è che in genere sceglie sempre architetti italiani come, oltre a Terragni, Palladio, Piranesi o Luigi Moretti, altro fascista convinto. In realtà Eisenman in tutta la sua lunga carriera teorica non ha fatto altro che raccogliere e rilanciare provocazioni intellettuali, dirigendo una rivista come Oppositions (che ospitò persino un'intervista ad Albert Speer) o scrivendo libri a quattro mani con filosofi come Derrida, la cui teoria decostruzionista grazie a lui spopolò negli anni Ottanta, più tra gli architetti che tra i filosofi. Lo sbilanciamento di Eisenman verso la speculazione teorica e l'insegnamento universitario lo hanno a lungo allontanato dal cantiere e solo di recente sta realizzando alcuni grandi progetti: la città della cultura scavata in una collina a Santiago de Compostela e il Monumento agli ebrei assassinati d'Europa in una piazza centrale di Berlino che sara inaugurato nel 2005. Domani all'Infospazio Terragni, e poi nella ex casa del fascio, la cultura architettonica italiana - Franco Purini, Marco Biraghi, Pier Vittorio Aureli e Stefano Boeri - renderà omaggio alla strana coppia targata Como-New York fancendo il definitivo arruolamento di Peter Eisenman nel novero degli architetti italiani.