Recensioni / Rosenzweig studioso interattivo

Il valore supremo della parola è il fondamento sul quale Franz Rosenzweig costruì la sua vita e la sua opera di filosofo e teologo. Ma anche di maestro, visto che negli anni Venti del secolo scorso inventò il metodo di insegnamento che oggi  chiamiamo «interattivo». Nato in Germania nel 1886 da una famiglia israelitica assimilate, e dopo una tentazione tutta intellettuale di convertirsi al cristianesimo, Rosenzweig tornò alle sue radici e tradizioni modulato su un ebraismo liberale: da osservante, ma non da ortodosso. Oltre che uno dei pilastri del pensiero giudaico del Novecento (Emmanuel Lévinas ha dichiarato un debito intellettuale nei suoi confronti), il sostenitore della «porta della parola, che non può chiudersi completamente» è ritenuto uno dei modelli teorici del dialogo tra ebrei e cristiani. Anche se lavorò sempre per riportare la Bibbia ebraica al suo ruolo di «libro più importante», sottraendola a  quell’ idea di «Vecchio» Testamento che il cristianesimo considera superato dal «Nuovo». Lo dimostrano gli scritti raccolti in La Bibbia ebraica (Quodlibet), che comprende anche i testi della sua collaborazione con Martin Buber a una nuova traduzione di Torah, Profeti e Agiografi in un tedesco  fedele all’interpretazione giudaica. Un libro appena uscito e davvero speciale, visto che, oltre al Rosenzweig  filosofo, ci  regala l’immagine del Rosenzweig uomo. E si tratta di materiale prezioso. Perché, se la sua produzione  filosofica è disponibile in italiano presso Giuntina o da Vita e Pensiero (con il suo capolavoro Stella della redenzione), purtroppo non risultano tradotte le oltre mille splendide lettere che scambio con l’adorata amante e amica Margrit Rosenstock, la sua Gritli.
Qui, invece, possiamo per esempio conoscere l’entusiasmo quasi infantile con il quale, già gravemente provato e immobilizzato dalla malattia che lo farà morire a 43 anni, recensisce il primo volume del grandioso progetto di un'Encyclopaedia Judaica «in buon tedesco leggibile, e stampato pure in corpo grande e ben visibile»: «Abbiamo davanti a noi un volume sfarzoso, di quasi quaranta quinterni, in lino rosso e pelle marrone, taglio in oro, con un nobile frontespizio...». Era il 1928; sei anni e dieci volumi firmo il nazismo portò morte anche su questa preziosa opera.