Con grande piacere invito alla lettura di uno strutturato saggio che
cesella un importante capitolo della filosofia francotedesca dei primi
decenni del Novecento, articolato in tutta la sua complessità con
chiarezza e completezza e pubblicato dalla casa editrice Quodlibet.
Questo solido excursus di "geostoria" di filosofia contemporanea è
frutto di un lungo lavoro tra Italia, Francia e Germania, con la
collaborazione di molteplici istituzioni e docenti, e di un originale
sviluppo del percorso accademico e del pensiero di Caterina Zanfi,
studiosa di estetica presso l'Università di Bologna. L'opera è
accessibile anche ad un pubblico di non specialisti, per quanto il
livello espositivo sia elevato: può essere letta su più livelli e, in
questo senso, cito dall'introduzione dell'Autrice, che fa riferimento
alla conferenza "L'intuition philosophique" (Università di Bologna,
1911). “Secondo Bergson, senza uno sforzo preliminare per ricondurre una
filosofia a ciò che essa non è, e per collegarla a ciò che fu intorno
ad essa, non attingeremo forse mai a ciò che essa è veramente”. Ecco,
nell'estrema sintesi che non di rado l'approccio filosofico comporta,
ciò che ci vuole restituire lo scritto di Caterina, ed a mio avviso
all'altezza di quanto si propone.
La peculiarità della prospettiva di questo saggio consiste nel delineare
i confini del dibattito filosofico tedesco contemporaneo a Bergson
(Jena, Berlino, Heidelberg, Gottingen), il microcosmo entro cui l'opera
dell'Autrice si apre come un sipario sulla produzione di Bergson dal
1907 ("L'evoluzione creatrice") al 1932 ("Le due fonti della morale e
della religione"). L'evoluzione dell'intuizione filosofica bergsoniana
viene letta da Caterina nel dipanarsi attraverso un serrato e fertile
confronto tra e con spiccate personalità della filosofia tedesca
(Eucken, Simmel, Jankélévitch, Windelband, Scheler...) che intrecciano
le loro voci dai quattro angoli della scena tedesca, la cui ricezione
del pensiero bergsoniano ne arricchisce per noi e per lui stesso
l'interpretazione: un Bergson che emerge quindi dalle pagine
dell'Autrice ben attento ad attingere da essa come una fonte da cui
trarre nuovo slancio intellettuale. Non è però solo lo sguardo
all'oltreconfine geografico che accompagna il maturare della riflessione
di Bergson, ma, retrospettivamente, attraverso la lettura che di
Bergson ci porge la relazione con la filosofia tedesca del suo tempo
ritorniamo, ad esempio, a Kant, all'idealismo, a Nietzsche,
affacciandoci dunque sui fondamenti della storia del pensiero che lo
precede. Per rifarci nuovamente alla conferenza di Bologna, per Bergson
lo spirito umano così è fatto: comincia a comprendere il nuovo allorchè
ha tentato di tutto per ricondurlo al vecchio. Le cornici concentriche
che, attraverso l'attenta analisi dell'Autrice, arricchiscono dunque in
tutte le direzioni il contributo bergsoniano, procedono, in questo
senso, come il movimento di infinite traduzioni: non si tratta soltanto
di mediazione o scontro teoretico, ma anche di interfaccia tra la lingua
francese e la lingua tedesca, nonchè di recupero, approfondimento, e
talora anche di adombramento, dei significati che il pensiero di un
determinato Autore veicola, attraverso uno specifico linguaggio e nel
quadro di un contesto definito, nello specchio di differenti
elaborazioni filosofiche che fungono da contrappunto. A livello di
contenuti, le stesse tematiche indagate si configurano spesso come un
rapporto, il rapporto col cristianesimo, il rapporto tra il fluire della
vita e il circoscrivere nel concetto, il rapporto tra natura e storia,
come esso si inscrive nel dibattito fra Kultur e Zivilisation, come
viene letto nella comparazione tra scienze nomotetiche ed idiografiche,
come si lega alla biologia, alla psicologia, alla fenomenologia ed alle
scienze religiose, fino a come si manifesta nella guerra, cui è
dedicato, come un assolo, l'ultimo capitolo. Chiave di volta,
infatti, la guerra, nella storia umana quanto in quella dell'Autore, in
quanto è proprio l'atteggiamento di Bergson a riguardo che ha
allontanato l'interesse della Germania in guerra nei suoi confronti,
interesse ulteriormente ricusato dalla Scuola di Francoforte e
recuperato poi dalla critica di anni più recenti. Lascio alla penna di
Caterina lo svolgimento dei temi introdotti, con un ultimo, grato, cenno
al rifiorire, pagina dopo pagina del saggio, dell'intensa vitalità
intellettuale nel ritratto che l'Autrice ci offre dell'Europa di un
secolo esatto fa, e l'auspicio è che la nostra lettura, il nostro
impegno e il nostro coraggio possa portarne avanti l'eredità anche oggi,
e possibilmente con un meno drammatico esito di conflitto e
distruzione.