Recensioni / Perché non siamo mai andati davvero sulla Luna

Con la recente missione cinese e le esplorazioni attese per il prossimo futuro, la Luna sta per tornare al centro dell’attenzione globale. Ne è un segno anche il saggio di Stefano Catucci pubblicato da Quodlibet, Imparare dalla Luna. Un libro di estetica che guarda ai riferimenti pop mescolando filosofia, arte e cultura di massa. Il viaggio verso la Luna è complesso e pieno di sogni, si va inevitabilmente da Heidegger a Snoopy.
Nel 2011 la Nasa ha deciso di proteggere i siti degli allunaggi, forse «sulla scorta della vocazione postmoderna a musealizzare il passato più recente, trasformando ogni residuo in un oggetto estetico». I parchi archeologici che potrebbero sorgere un giorno sulla superficie lunare sarebbero per Catucci «paradossali» proprio perché si tratterebbe di salvaguardare sostanzialmente rifiuti (rottami, imballaggi, frammenti di sonde, zaini, guanti, amache, cineprese, ecc.) investendoli del valore di «inestimabili tesori dell’umanità».
Il percorso di Imparare dalla Luna passa, tra l’altro, attraverso la lettura di due fotografie emblematiche per il cambiamento della percezione della Luna avuto con l’allunaggio. La prima è la foto Earthrise, con ettari di Luna come terreno e all’orizzonte la Terra. L’inquadratura potrebbe avere come didascalia le parole di Bill Anders dell’Apollo 8: «Abbiamo fatto tutta questa strada per esplorare la Luna e la cosa più importante che abbiamo scoperto è stata la Terra».
La curiosità è che la foto originale mostrerebbe la superficie della Luna non piatta e orizzontale come la vediamo, ma come parete laterale, verticale, sulla destra. La foto venne “girata” quando fu pubblicata e questo ritocco, secondo l’autore, sarebbe stato gravido di conseguenze.
Da allora, la Terra ci appare come una Terra-casa «luogo della partenza e del ritorno, della meraviglia, della nostalgia». Luna e Terra in quella foto mostrano anche una «relazione» prima invisibile. Avendo voltato la foto, «in modo che fosse ristabilito, anche nello spazio, il primato del punto di vista terrestre», la Luna avrebbe perso la sua carica perturbante, straniante, per assumere un aspetto più «comprensibile». Addirittura, «la costruzione di Earthrise ha finito per vanificare il senso dell’alterità dello spazio».
Se la Luna risulta qui addomesticata, la seconda foto celebre, The Blue Marble, in cui compare soltanto la Terra inscritta e sospesa nel buio dell’universo, mostrò quanto fossero artificiali i confini e i caratteri delle nazioni tanto che la visione da quella prospettiva «è il perno su cui ruota quella particolare forma di cosmopolitismo che si può definire geoscopico».
Inoltre, The Blue Marble – in assoluto l’inquadratura più diffusa dall’invenzione del mezzo fotografico – divenne presto una icona-simbolo per i discorsi in difesa dell’ambiente.
Tra le intuizioni più interessanti di Imparare dalla Luna c’è quella che associa l’evento della prima esplorazione lunare alle caratteristiche dell’epoca Postmoderna. L’autore pone un confronto tanto spericolato quanto efficace con i passages parigini. Se infatti Benjamin scorse nei passages di Parigi l’immagine della Modernità – così si può sintetizzare – per Catucci i siti degli allunaggi sono un’immagine dialettica della Postmodernità. Con l’allunaggio infatti si perde il confine preciso tra documento e spettacolo e tra realtà e simulacro.
Sono stati, involontariamente i negazionisti, coloro negano che l’allunaggio americano sia davvero avvenuto, ad avere il merito di aver mostrato «il quoziente di rappresentazione insito in ogni fase dell’avventura lunare» (tesi che chiama implicitamente in gioco libri come Non siamo mai andati sulla Luna di Bill Kaysing).
Tutte le volte che si guarda, si cammina o si riflette sulla Luna lo si dovrebbe fare cercando di intuire qualcosa di più della vita sulla Terra. È questo uno dei suggerimenti che si traggono dalle stimolanti e agevoli pagine del saggio di Catucci. Imparare dalla Luna, in vista delle nuove esplorazioni e di un possibile prossimo turismo lunare, vuole dire non riprodurre domani gli stessi errori di allora: «Il rischio non è solo mancare la Luna una seconda volta, bensì mancare di nuovo anche la Terra».