Recensioni / Gianni Celati. Selve d'amore

È uscito di recente da Quodlibet un libro da non perdere, Selve d’amore di Gianni Celati, una raccolta formata da quattro racconti che proseguono la serie fortunata dei Costumi degli italiani, inaugurata dallo stesso editore nel 2008. Nei nuovi racconti ritroviamo sullo sfondo alcuni personaggi indimenticabili che abbiamo imparato a conoscere nei primi due volumi, ma l’onore del primo piano spetta ora alle figure femminili, alle madri dei liceali incontrati nella classe scolastica di Pucci, prese anche loro, come i figli adolescenti, nelle selve della passione amorosa, che le porta a misurarsi con vicende molto difficili da sbrogliare, mettendole di fronte a scelte cruciali.
Così accade in Matrimonio Bellavista alla signora Marcocesa, che deve rinunciare a una vita felice con l’uomo che ama per non compromettere i piani matrimoniali del figlio maggiore, deciso a imparentarsi con un industriale dei budini sensibile alle questioni di moralità. In una situazione ancora più difficile si trova la madre di Pucci nell'ultimo racconto, La notte, una storia delicata e struggente, condotta fra veglia e sonno, fatta di gesti minimi, di contemplazioni e di silenzi, in cui Celati raggiunge un vertice della sua prosa con una lingua quintessenziale, mantenuta in un miracoloso equilibrio di toni e di registri, come se scrivere fosse diventato davvero un gesto naturale dell’orecchio e della mano.
Se nelle raccolte precedenti l’io narrante si eclissava, rendendosi quasi invisibile, qui per la prima volta il narratore e la sua famiglia diventano i protagonisti del racconto d’apertura, quello che dà il titolo alla raccolta, in cui circola l’aria impregnata d’onde elettriche che abitualmente si respira tra le pareti domestiche, con un ragazzo «lungo di corpo, goffo in tutto, e sempre perturbato dalle donne», un fratello più grande, bello d'aspetto, in eterno conflitto con un padre tormentato dai sospetti della gelosia, e una madre attorno a cui ruotano i desideri di tutti, che passa la vita a placare gli spiriti inquieti degli uomini di casa con pazienza e parole misurate.

Proprio tra le clienti di passaggio nel laboratorio domestico della madre sarta, artista finissima delle confezioni femminili, il ragazzo lungo di corpo incontra la sua Beatrice, una signora formosa che finisce per occupare stabilmente i suoi pensieri accompagnandolo per mano nelle selve d'amore, quelle dei poeti e dei cavalieri antichi che occupano la mente e sollecitano la fantasia, portandola lontano in un eterno vagare. Così, dopo la partenza della signora Gazzi per un'altra città, le brame dell’innamorato alle prime armi, convinto di poter morire di desiderio e di struggimenti, lasciano il posto all’inseguimento di una bicicletta presa in prestito, abbandonata, smarrita, cercata, ritrovata, che diventa il filo conduttore di avventure comiche e stralunate nello stile del Celati giovane, ispirato dai film di Buster Keaton e dei fratelli Marx.
Le avventure proseguono con l'arrivo del misterioso ispettore ministeriale Muccinelli, mandato in città ad indagare non si sa bene su quali magagne, in un mondo d'intrighi e percorsi tortuosi dalla meta incerta lungo i quali la vita si consuma: gli affari loschi condotti dal sindaco Cagnotto e dai suoi sodali, con il sostegno e la complicità delle consorti, storie di truffe, di corruzione, di adulteri, di speculazioni, di ricatti, di rivalità, di invidie, rispecchiano l’habitus della storia passata e presente del nostro paese, che Celati guarda con un cannocchiale rovesciato, facendo di un’immaginaria cittadina di provincia una piazza universale, in cui si muovono i tipi umani destinati a formare il grande quadro dei Costumi degli italiani, come in una visione di Bruegel gremita di personaggi.
Selve d’amore porta in apertura un’epigrafe che suona come un congedo dell’autore ai suoi lettori: Addio storie, che vita! A un autore di culto come Celati, signore che si è defilato da tempo, che non ha una pagina Facebook, non ha un blog, non scrive su Twitter, non va in televisione, non ha una rubrica fissa, non frequenta i festival letterari e ha ancora tante cose da raccontare, non possiamo che augurare di ricredersi presto.