Recensioni / La seduzione populista

Nel suo Dizionario di Politica, Norberto Bobbio definì il populismo come quella “dottrina politica per la quale fonte precipua di ispirazione e termine costante di riferimento è il popolo, considerato come aggregato sociale omogeneo e come depositario esclusivo di valori positivi, specifici e permanenti”. Ma Federico Ferrari aggiunge anche il rapporto diretto tra le masse e il capo e la caratteristica di “pensiero sbrigativo”, “costitutivamente retorico”: “in definitiva il populismo coltiva l’illusione di una società pacificata, l’illusione delle certezze e dei punti fermi in una società liquida e complessa, come quella oggi scossa dai traumi dei flussi migratori”. Ferrari non è un politologo, ma un architetto, ricercatore in Urbanistica e docente di Storia della città al Politecnico di Milano. L’apparente invasione di campo è però giustificata dal fatto che, secondo lui, non solo esiste oltre al populismo in politica un populismo in architettura. Tutta l’architettura, scrive “è in un certo senso populista, perché logiche populiste sono sempre presenti nella costruzione del discorso su di essa”. C’è però anche un’architettura populista che porta questa tendenza all’estremo, e a cui Ferrari ha dedicato la sua tesi di dottorato; Bussy-Saint-George, in Francia, per la polemica contro le tecnocrazie di stato, Poundbury, su terreni di Caro d’Inghilterra come Duca di Cornovaglia, per l’importanza dell’identitarismo, secondo la battaglia che lo stesso Carlo aveva fatto per un’architettura a misura d’uomo. Celebration, sviluppata dalla Disney in Florida sull’onda di Disneyworld, per il ruolo del mercato: anche se poi non si è realizzata l’idea di fare dei suoi abitanti l’attrazione di un parco a tema “urbanistico” da visitare pagando un biglietto.